La notte della Vigilia e gli incontri di Bianchino Natale
La notte della Vigilia può essere un momento difficile per molti A meno di fare strani incontri
L’albero di Natale di plastica sul bancone del bar lampeggia in modo poco convinto: quando le luci sono spente sono spente, quando devono accendersi si limitano a mandare qualche balbettante bagliore colorato sul filo argentato sullo scaffale degli amari.
La luce è poca, non si capisce se per creare atmosfera o per nascondere lo sporco. L’odore di birra vecchia, invece, non si riesce a coprire. Il barista è piegato in avanti con le braccia conserte, incerto se dormire o restare sveglio. Ai tavolini solo due clienti. Che bella cartolina, pensa Nicola sulla porta. Togliendosi i guanti guarda, oltre la vetrata, la fitta nevicata che l’ha spinto a fermarsi alla prima insegna accesa. Città Alta non si vede nemmeno più.
Il barista si rianima e lo guarda in modo interrogativo. «Un grappino, grazie». Clientela scarsa, pensa. D’altronde è la notte della Vigilia, gli ricorda la canzoncina che alla tv accompagna ballerine vestite da Babbo Natale.
A un tavolino un uomo semicalvo e corpulento con indosso un giubbotto fissa in modo determinato il vuoto davanti a sé: sembra deciso a capire quante birre può bere prima di stramazzare a terra. Al tavolo davanti alla vetrata una donna si staglia nel controluce del lampione. «Chissà cosa aveva in mente quando è uscita», pensa Nicola. Vestito scollato di velluto rosso cupo, sciarpa con bordi di pelliccia, trucco pesante, messa in piega. Qualunque età abbia, la porta male, conclude.
Lei sembra avere intuito il suo pensiero, piega la testa quasi a scusarsi e portando alle labbra il bicchiere di vino bianco dice: «Non potevo mica stare a casa da sola la notte di Natale, no?». E proprio questo posto hai scelto per cercare compagnia, pensa Nicola. «Questo bar è il più vicino a casa, e con i tacchi sulla neve è un problema», dice lei come se gli avesse letto nel pensiero.
Arriva il grappino, fuori la neve è ancora più fitta. «Che scemenza, questa del Bianco Natale», pensa Nicola. Butta giù la grappa. «E va bene, scene pietose anche basta — si dice —. A questi qua serve una mano».
Si siede davanti al bevitore di birra: «Allora, qual è il record?».
«In che senso? Tu chi sei?».
Nicola indica le bottiglie: «Sono già nove birre, puntiamo al coma etilico?».
«Non potevo mica bere da solo in casa la notte di Natale. Ma tu chi sei?».
«Ti sembra il caso di continuare a bere mentre c’è una signora che ha bisogno di un passaggio?».
«Sono in riserva e quale sarebbe la signora?».
«Meglio se non guidi e la signora è quella dietro di me».
L’uomo si sporge: «La tua signora avrà l’età della Maresana».
«Certo, tu invece giochi nell’Atalanta. Alza le chiappe, che c’è da accompagnarla a casa». «Io? E perché?».
«Perché prima o poi a casa ci dovrai tornare e la troverai vuota. E — guarda l’orologio — ancora per otto minuti è la vigilia di Natale».
L’altro borbotta qualcosa. Nicola si alza e lancia uno sguardo alla donna: «Permettetemi di fare le presentazioni. Giuseppe, Maria. Maria, Giuseppe».
«Ma io mi chiamo Teresa», dice lei.
«E io Tarcisio», dice lui.
«Non stiamo a sottilizzare». Nicola solleva a fatica l’uomo per un braccio. «Signora, il gentiluomo qui presente, maggiorenne, militeassolto e automunito, impensierito per la tarda ora e per le condizioni del manto stradale, si offre di accompagnarla a casa. Sempre che riesca a stare in piedi».
La donna guarda il tizio che barcolla anche da fermo. Negli occhi lucidi le passa di tutto, la compassione per se stessa sembra che stia per vincere. Ma poi con un sospiro si alza, finisce il bianco, prende cappotto e borsa. Si avvicina simulando un sorriso. L’altro non si sforza nemmeno e la squadra scettico. Nicola li avvicina a strattoni poi li spinge insieme verso la porta: «Via, fuori». Li guarda andarsene: sbandano nella neve, lei si aggrappa al braccio di lui.
«Sei sicuro che abbiano fatto un affare?», dice alle sue spalle il barista.
«Nessuno è mai sicuro», risponde Nicola. Sente i due, ormai lontani, ridacchiare nel buio pieno di bianco. Guarda il cielo e la neve che sfarfalla. «Calci nel sedere al prossimo che mi parla di Bianco Natale — borbotta —. Bene, questa è fatta. È ora di andare al lavoro». Si calca in testa la berretta di lana rossa e si guarda intorno. «Adesso, dov’è che avevo parcheggiato la slitta?».
Togliendosi i guanti guarda la nevicata che l’ha spinto a fermarsi alla prima insegna. Città Alta non si vede più.