Il Bolgia e il caso «Striscia» No del Tar al questore
Il titolare annuncia querela alla tv
Prima d’urgenza, ora in composizione collegiale. Il Tar ha confermato la sospensione con cui la questura, il 16 novembre, aveva chiuso la discoteca Bolgia per 25 giorni (sei effettivi). Alla base del provvedimento c’era il servizio di Striscia la notizia sul consumo di droga fuori e dentro il locale di Osio Sopra. Il gestore ha contestato la mancanza di riscontri e di possibilità di difesa e il tribunale gli ha dato ragione. È una fase cautelare, se ne riparla a febbraio. Il titolare Tonino Vecchi, in un’intervista, parla di giovani, di progetti contro l’alcol, di musica e sballo. E annuncia la querela nei confronti del programma tv: «Dimostreremo che le immagini sono artefatte. Se verremo risarciti, devolveremo tutto ai centri recupero da droga e alcol».
Il titolare: «Se prenderemo i soldi, andranno ai centri recupero da alcol e sostanze Non nego il problema, ma non posso essere né un genitore né un insegnante»
Il Tar, in forma collegiale, ha confermato la decisione del presidente della prima sezione: l’ordinanza di chiusura per 25 giorni resta sospesa e, di conseguenza, il Bolgia di Osio Sopra aperto. Striscia la notizia che denuncia droga dentro e fuori il locale, il questore Maurizio Auriemma che nel giro di cinque giorni lo chiude «nell’ottica della tutela dei giovani frequentatori» e il gestore Tonino Vecchi che contesta la mancanza di riscontri e di possibilità di difendersi. In via cautelare, il Tar gli ha dato ragione «per la peculiarità della fonte» e ha disposto che «la resistente amministrazione rinnovi il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, assicurando l’effettiva partecipazione del ricorrente». Se ne riparla il 5 febbraio 2020.
Giovani, discoteche, musica techno, droga, lavoro, interessi e tutele da bilanciare: la battaglia amministrativa è lo sfondo di temi che ciclicamente riemergono. Tonino Vecchi ha 65 anni e da 20 gestisce il Bolgia.
Per ora il Tar vi ha dato ragione, per una questione di metodo.
«Sì, dopo la prima sospensiva d’urgenza e le memorie della questura. Una direttiva del 17 luglio 2019 del capo della polizia invita alla prudenza. In primo luogo, l’esercente va invitato alla correzione. Avviato il procedimento amministrativo, gli va data la possibilità di difendersi. La chiusura è l’estrema ratio».
Sta dicendo che il questore è troppo severo?
«Ho avuto modo di apprezzarne la concretezza, per un’altra vicenda. Le sue apprensioni sono anche le mie, ma non condivido il metodo di affrontare le problematiche. Credo che 17 locali chiusi sia un record nazionale. Mi sembra anomalo. In questo settore ci sono famiglie che lavorano, questioni economiche ma anche morali e di professionalità».
Si metta nei panni di un questore che vede questo servizio tv: sta a guardare?
«Avrei disposto un controllo con gli agenti e, se questo avesse dato gli stessi esiti della tivù, allora avrei disposto il provvedimento».
Il Tar cita anche altri eventi nella motivazione della questura «nonostante i controlli e le azioni di sensibilizzazione intraprese dal gestore del locale».
«Negli ultimi due anni e mezzo che cosa è successo, dopo il servizio di Striscia del 2017, oltre a questo del 2019? Niente. E dai controlli dei carabinieri del 2018? C’erano una persona nel parcheggio con 15 grammi di marijuana e 20 grammi di droga in sala. Nessuno aveva chiesto un provvedimento. Siamo la più grande discoteca della Lombardia, abbiamo dalle 1.000 fino a 2.000 persone a serata».
E quello che ha documentato Striscia?
«Sono immagini artefatte, lo dimostreremo: le abbiamo fatte analizzare. Dentro, la ragazza si china per prendere con la bocca una sigaretta dal pacchetto e tiene una mano davanti per accenderla, cosa vietata all’interno. Fuori, sono gli operatori del servizio tivù a imboccare i ragazzi».
Avete querelato?
«Lo faremo prima dell’udienza del 5 febbraio al Tar. Nelle memorie, la questura ha indicato che il servizio era stato visto da 4 milioni di spettatori. Chiederemo a Mediaset un euro per ogni spettatore.
Se mai li prenderemo, andranno ai centri di recupero dalla dipendenza da droga e alcol, e dal disagio giovanile».
I giovani, appunto, lei li vede. Non si può negare che la droga sia un problema.
«Ma non posso né riesco a fare il genitore o l’insegnante. Faccio impresa, dando lavoro a 54 persone, pagando Siae e bollette. Nel mio piccolo, sono nel progetto Safe driver di Notti sicure con, tra gli altri, Polizia, Croce rossa e associazione Atena. Diamo un’entrata gratis a chi ha un esito zero dall’alcoltest, ma non ho strumenti, sarebbero invasivi, per misurare se i ragazzi hanno assunto droga. Posso sensibilizzare e controllare all’ingresso con il metal detector».
Techno, sballo e droga: c’è chi ci vede un legame.
«Non è così. La techno si balla a Ibiza, Barcellona, Miami, un unico genere che unisce in tutto il mondo».
Crede che ci sia un giudizio morale sulle discoteche?
«Sempre meno. Decine di mamme mi hanno scritto che mi sono vicine, perché lavoro bene».
Cioè ci sono madri contente che i figli tornino a notte fonda dalla discoteca?
«Sì, se il locale è sicuro. Arrivo alle 14 e me ne vado alle 9 del mattino. Se resta un’automobile, vado personalmente a controllare che non ci sia nessuno che sta male».
Cautelare I giudici amministrativi non sono ancora entrati nel merito, la faccenda resta aperta