William e gli alberi piantati in Senegal
Il cooperante di Morengo combatte il cambiamento climatico in Africa
È partito da Morengo, direzione Dakar, per fermare l’avanzamento dell’oceano che si divora, ogni anno, 1,33 metri di costa. È la storia di William Foieni, che in Africa lavora per l’ong Cisv. «L’aspetto più interessante del mio lavoro riguarda la piantumazione. Il progetto riguarda 10 mila nuovi alberi che assorbono il sale del mare, rendendo fertili le terre». L’obiettivo, in generale, è sensibilizzare la popolazione del Senegal sui temi del cambiamento climatico.
Da Morengo a Dakar, in Senegal, per fermare l’avanzamento dell’oceano che, a causa del cambiamento climatico, inghiotte la terra di anno in anno. William Foieni, 27 anni, una laurea triennale in Filosofia, varie esperienze di cooperazione in Europa, è in Africa (per la seconda volta) da gennaio 2018 ed è responsabile per la Ong Cisv del progetto Projet d’Harmonisation des dynamiques périurbaines pour une Ecologie Participative, cofinanziato dall’Ue. «Questo progetto si occupa di cambiamento climatico. In particolare per accompagnare la società civile senegalese».
Quali sono i punti cardine del progetto?
«Sono l’unico italiano e lavoro con altre 6 persone, senegalesi. Il primo aspetto punta a sensibilizzare e formare la società su temi ambientali ed ecologici come l’accesso all’acqua e al sistema alimentare. Dal 2020 faremo anche programmi radio specifici e spettacoli nei teatri comunitari».
Uno dei problemi è l’avanzamento dell’oceano sulla costa a nord di Dakar. Cosa succede?
«A 15 chilometri dalla città ci sono i dipartimenti di Guédiawaye e Pikine, vere e proprie città-dormitorio, dove l’oceano avanza sempre più, di 1,33 metri all’anno. Questo potrebbe distruggere tutte quelle zone».
È qui che entra il gioco il secondo punto del vostro progetto?
«Sì. L’aspetto più interessante è la piantumazione di 10 mila alberi sulla costa. Vorremmo creare in questa zona una parte verde e piantare nuovi alberi, si chiamano filao, che assorbono il sale del mare e rendono fertili le terre».
L’ultimo punto? «L’ultima attività è accompagnare 130 micro imprese a diventare ecologiche».
Dove è iniziata la sua attività nella cooperazione?
«Sin dai tempi del liceo andavo a fare volontariato in Bielorussia. Ho fatto varie esperienze in Italia e poi sono partito nel 2015, dopo la laurea, per lo Sve, il servizio di volontariato europeo, in Francia a Ribeauvillé. In Senegal sono arrivato a novembre 2016 per il servizio civile, prima a Louga e poi a Saint Louis, dove sono rimasto fino a gennaio 2018».
Le difficoltà in questa vita così lontano da casa?
«La mancanza di casa è un aspetto molto importante ed è inevitabile pensare al luogo in cui si è nati. Però l’obiettivo che ti poni e quello che fai sono talmente grandi che metti da parte le difficoltà».
Com’è la vita quotidiana a Dakar? Rimarrà fino alla fine del progetto?
«Dakar è la città trainante dell’Africa dell’Ovest. Ci sono molti investimenti stranieri. La vita è come in una città occidentale, tanti mezzi e tanti spostamenti. A livello alimentare mi adatto molto bene. L’acqua invece è un problema. Uno studio afferma che l’acqua di Dakar sia la seconda al mondo per inquinamento organico. Per adesso ho firmato fino a marzo 2020, poi vedrò».
Dove si vede dopo questa esperienza?
«Mi iscriverò di nuovo all’università e studierò cooperazione internazionale a Torino, stando in Senegal a conoscere nuove metodologie, per ora. Non escludo di fare nuove esperienze lavorative, in un altro ambito del sociale».
L’avanzata «Sulla costa a Nord di Dakar il livello dell’oceano sale di 1,33 metri all’anno»