«Così ci prepariamo alla Gioia»
Da stasera Claus Peter Flor dirige laVerdi nella Nona di Beethoven «Questa musica dà voce a un mondo che vibra del desiderio di un Bene che lo salvi»
La prima volta non si scorda mai, soprattutto quando ad accompagnarla c’era la stessa musica che ha scandito la luna di miele. Claus Peter Flor dirige la Nona sinfonia di Beethoven per il tradizionale appuntamento con cui la Verdi dà l’addio all’anno vecchio e saluta quello nuovo; una tradizione voluta da Riccardo Chailly ma iniziata proprio con Flor. «Chailly si era ammalato improvvisamente e Luigi Corbani, storico patron dell’orchestra, mi chiamò; gli aveva fatto il mio nome Alexander Pereira, che prima di venire in Scala lavorava alla
Tonhalle di Zurigo e lì mi aveva voluto per cinque stagioni come direttore principale ospite. Ero appena atterrato in Germania dopo una lunga tournée in Giappone; vidi le chiamate di Pereira e di un numero italiano, richiamai e accettai senza esitazioni. Dopo, Corbani mi confidò che Pereira lo aveva rassicurato dicendogli che avevo la Nona sempre pronta perché è nelle mie corde». Quando nel luglio di due anni fa Flor fu nominato direttore musicale della Verdi, paragonò questo suo nuovo incarico «a un matrimonio seguito a lungo fitantissime danzamento». «Io e l’orchestra ci eravamo incontrati nel 1999 e ci frequentavamo con una certa periodicità: fu un fidanzamento a distanza. La nomina a direttore musicale ha ufficializzato la liaison. Quell’estate iniziai il nuovo incarico eseguendo tutte e nove le sinfonie di Beethoven: furono la nostra luna di miele».
Dopo quel viaggio vibrante di passione, Flor e la Verdi hanno continuato a unirsi nel nome di Beethoven, anche con la Nona di Capodanno: le quattro repliche, da stasera al primo gennaio, sono appena sufficienti per soddisfare le richieste del pubblico e infatti sono tutte inesorabilmente sold out. «Dopo vent’anni non penso che la mia visione di questa sinfonia sia mutata nella sostanza, i ripensamenti o le variazioni riguardano dettagli minimi. Per me continua a essere un unico, grandioso dramma unitario dove i quattro movimenti si susseguono senza soluzione di continuità, creando un unico arco scenico che culmina con l’ingresso del tema della Gioia». Flor parla di dramma e di drammaturgia per introdurre quello che per lui è il miracolo beethoveniano di questa sinfonia: “Siamo davanti a una grandiosa scena teatrale creata senza usare uno stile operistico, anzi scritta in uno linguaggio tipicamente sinfonico, dove anche le parti destinate alle voci che sembrano composte per gli altri strumenti dell’orchestra”. È Capodanno, ma per Flor la Nona è quasi una metafora del Natale: «La Nona dà voce a un mondo che vibra del desiderio e dell’attesa di un Bene che lo salvi; il mondo non può crearlo da solo, ma questo Bene irromperà come un dono tanto aspettato quanto sorprendente. Per prepararci all’arrivo della Gioia Beethoven ci dà quasi un’ora di musica densa e intensa, un percorso talmente logico e perfetto che il direttore non deve inventarsi interpretazioni particolari, ma solo seguire».
La sinfonia «È talmente perfetta che il direttore non deve inventare nulla, ma soltanto eseguirla»