Amianto sui tetti a Castelli Calepio Tre indagati
Basta una folata di vento — o un incendio, come nei mesi scorsi — e tutto ricomincia da capo. E dopo sei anni di immobilismo, alla procura si sono rivolti sia i residenti della zona che i rappresentanti istituzionali, tra Brescia e Bergamo. Perché nella frazione di Quintano di Castelli Calepio si trova una potenziale bomba ecologica, pronta a esplodere: i capannoni in disuso della Fratus snc — in liquidazione, commerciava articoli per l’edilizia —, coperti di amianto. Il caso è diventato un’inchiesta, aperta dal sostituto procuratore Antonio Bassolino, che ha mandato i carabinieri nel municipio di Castelli Calepio ad acquisire documenti in relazione ai procedimenti amministrativi sulla bonifica o alla messa in sicurezza dell’area, e la corrispondenza tra privati e pubblica amministrazione. Tre persone sono indagate: rispondono di disastro ambientale colposo i vertici della Fratus, omonimi padre e figlia di Palazzolo, mentre alla responsabile dell’ufficio tecnico del Comune, Lucia Andriola, il pm contesta l’omessa bonifica del sito, che si estende per cinquemila metri quadrati: sarebbe stata lei a «temporeggiare» e a tardare con le procedure. Perché le coperture in eternit avrebbero dovuto essere messe in sicurezza — agli atti un preventivo di spesa da 20 mila euro per la rimozione e l’incapsulamento delle fibre di amianto — così come avevano disposto due sindaci di Castelli Calepio, con altrettante ordinanze: la prima nell’agosto 2013 a firma di Fabio Bizzoni, la seconda nel settembre scorso (dopo un incendio che ha intaccato i capannoni) sottoscritta da Giovanni Benini. Inascoltate. E i termini sono scaduti.