Una pizzeria in piazza Libertà
Crescita del 23% in otto anni, l’esperto: certe attività hanno costi bassi e convertono rapidamente i locali
Polaris ha abbandonato i locali di piazza Libertà. Al suo posto arriverà una pizzeria.
Tra chi ha già deciso, chi ancora sfoglia la margherita e chi si trasferisce in un’altra via della città, nelle vicissitudini del porticato al civico 10 di piazza della Libertà, si possono leggere in filigrana le complessità, ma anche le nuove prospettive di una Bergamo che cambia, in particolare quella del commercio e degli esercizi pubblici. Pochi metri segnano e intrecciano destini diversi: dalla difficoltà di riposizionare sul mercato grandi superfici a quella di ripensarsi altrove o di mantenere ancora viva (ma come?) una storia che va avanti da decenni.
Le tende abbassate e i cartoni d’imballo all’interno hanno decretato, da qualche giorno, la fine di Aris, il concept store Polaris, aperto cinque anni fa e dedicato all’arredamento ed ai suoi complementi. Un negozio forse fin troppo metropolitano e all’avanguardia nello stile e negli articoli proposti per una città come Bergamo? Difficile dirlo, certo è che, alla scelta merceologica coraggiosa della famiglia Ravasio, se ne sta per sostituire un’altra. Forse altrettanto coraggiosa per via delle metrature che andrà ad occupare, dal momento che si prenderà tutto lo spazio dell’ex Polaris e pure della gioielleria Leila Bali, che tra un paio di settimane migrerà in via XX Settembre. Pericolo buco nero commerciale scongiurato, sotto i portici all’angolo di piazza Libertà: dove fino a oggi ci sono stati poltrone e collier, arriveranno tavoli e mozzarelle perché quella che sta per sbarcare è una pizzeria.
La proposta, da quanto trapela, dovrebbe prevedere una certa differenziazione, più territoriale e bergamasca, rispetto non solo ad una tradizione napoletana imperante, ma anche rapportata ad una zona dove si contano nel giro di cento passi una decina di esercizi pubblici. Aperture più o meno nuove, ma in linea con un trend, come evidenzia uno studio di Unioncamere Lombardia, che in otto anni, dal 2011 al 2019, ha visto in provincia di Bergamo una crescita del 22,9% delle attività di ristorazione con somministrazione, passate da 1.485 a 1.825.
Nascono bar, ristoranti, ma in particolare fioriscono le pizzerie. Perché questo boom? «Perché hanno “food costi bassi”, propongono un prodotto mediamente buono e che non necessita di investimenti pubblicitari — osserva Giacomo Pini, manager della ristorazione —. Non solo, ma la base di una semplice margherita può essere arricchita con ingredienti gourmet e la funzionalità dei forni elettrici consente una rapida riconversione dei locali, senza troppi lavori edilizi». La pizza, insomma, si vende da sé e le pizzerie spuntano come funghi in varie zone della città. Tra le ultime, ne è stata avviata una in via Gugliemo d’Alzano (dove per anni è stata attiva una torrefazione),in locali che sono stati ritoccati senza troppi stravolgimenti. E non è un caso che in via Sant’Orsola, dove una certa difficoltà del commercio c’è tra outlet e serrande chiuse (l’ultima in ordine di tempo è quella di Beparfum, trasferitosi a Como), stia per sbarcare l’ennesima pizzeria, in zona Santa Giulia, dove tempo fa ha chiuso un negozio di articoli da regalo. Al momento le vetrine sono buie, si trovano esattamente a fianco del portone al civico 10 E: l’apertura, slittata di qualche giorno per gli ultimi ritocchi edilizia, è attesa dai negozianti della zona. «Vedremo più gente di quanta non ne vediamo ora» dicono in coro.
Una movimentazione che, qualora si arrivasse a un dunque, come sembra, per l’ex Cinema Nuovo con l’avvio di un market di prossimità della Conad (che ha però dato un ultimatum sui tempi per l’avvio dei lavori), potrebbe investire anche Largo Belotti e la zona di Piazza Libertà. Qui il titolare di Petronio abbigliamento, Dario Salvi, dopo mesi tormentati sta valutando il da farsi: chiudere, ridurre la superficie di vendita sacrificando un piano o riposizionarsi nel solo settore della moda maschile, lasciando perdere l’ambito donna? Tutte le riflessioni sono sul tavolo dell’imprenditore, a capo di un’attività con una storia lunga oltre 60 anni, un fiore all’occhiello della città.Una storia però tutta da ripensare, ma che nel frattempo cerca di approfittare di vendite straordinarie e saldi per rifarsi le ossa.
Non è facile resistere e sicuramente non è tutto oro quello che luccica, anche nel campo della ristorazione. Da un anno la Taverna Colleoni non vede la luce del sole e, a quanto risulta, non si intravedono gli spiragli di una imminente riapertura. L’entourage di Ubi Banca, proprietaria dello storico immobile, resta sul vago. Qualcuno si è fatto vivo telefonicamente manifestando un certo interesse, ma di concreto ancora non c’è nulla.
Ma non mancano le eccezioni: la Taverna Colleoni chiusa ormai da un anno Un’altra pizzeria avviata in via D’Alzano, dove un tempo c’era una torrefazione