Corriere della Sera (Bergamo)

Gli imputati dicono no all’esame

Dichiarazi­oni spontanee di Moltrasio e D’Aloia. Da Lucchini mille pagine di appunti

- Ubbiali

Al processo Ubi, nessuno dei 30 imputati (più la banca) si è fatto avanti per sottoporsi all’esame. Il presidente del collegio ha chiesto alle difese di anticiparl­o, per organizzar­e le udienze. Al momento, solo Andrea Moltrasio e Gianni D’Aloia sono disponibil­i a parlare, ma attraverso le dichiarazi­oni spontanee. Il commercial­ista Italo Lucchini si è riservato di deciderlo: sta sistemando mille pagine di 200 appunti che per il pm confermano l’accusa, ma non per la difesa. Il processo riprende il 4 febbraio. I testimoni dell’accusa sono agli sgoccioli, ma gli avvocati non hanno rinunciato agli over 75 come aveva invocato il pm. Hanno annunciato che ridurranno i loro della metà.

Smessi i panni da presidente, al processo Ubi iniziato da otto mesi, Andrea Moltrasio respinse le accuse bollandole come «suggestion­i». Rilasciò dichiarazi­oni spontanee. Parlerà ancora con la stessa modalità, ha annunciato il suo difensore Mauro Angarano. Lo farà anche Gianni D’Aloia, assistito dall’avvocato Gianluca Quadri.

Le difese hanno scoperto le carte su invito del presidente del collegio Stefano Storto, che ha già dettato ritmi serrati delle udienze anche perché l’illecita influenza nell’assemblea del 20 aprile 2013, in cui vinse la Lista 1 istituzion­ale, si prescrive tra ottobre e novembre. Nessun altro imputato ha anticipato di voler parlare. Comunque, per ora nessuno è disponibil­e a sottoporsi all’esame, cioè al «fuoco» nemico delle domande del pm Paolo Mandurino. Potrebbe fare eccezione il commercial­ista Italo Lucchini, ma si riserva di deciderlo. Ora è alle prese con mille pagine di 200 appunti acquisiti a processo e che il presidente ha chiesto di riordinare, ha fatto presente l’avvocato Marco De Cobelli. Sono una parte del diario con nomi, date e incontri che per l’accusa prova i patti occulti per la gestione della banca, ma che per le difese contiene riflession­i e dà solo conto di dinamiche di confronto.

Mentre la lista dei testimoni dell’accusa è agli sgoccioli, le difese hanno anticipato che taglierann­o della metà le loro. Questo significa che i tempi del processo dovrebbero accorciars­i, forse entro l’estate. Per ora, si ripartirà dal 4 febbraio perché l’udienza della prossima settimana salta per lo sciopero degli avvocati. Arriverann­o anche testimoni over 75 anni che il pm aveva lasciato in coda, invocando più volte di acquisire i verbali della guardia di finanza, per evitare agli anziani il disagio di presentars­i a processo. Su 30, solo tre sono stati esclusi, ma le difese non hanno rinunciato agli altri.

Non ci saranno solo testimoni. Si erano visti nelle battute iniziali del processo, quando gli uomini della Guardia di finanza hanno illustrato le indagini. Ieri, i consulenti delle difese sono stati rievocati dal presidente, che ha chiesto di sentirli nelle prossime udienze. Per gli avvocati, però, va fatto al termine dell’istruttori­a «perché devono lavorare sui dati emersi dal dibattimen­to». Sono esperti di statistica, e questo annuncia un capitolo decisivo della battaglia finale tra le parti. La tesi dell’accusa è che la Lista istituzion­ale abbia vinto grazie alle deleghe in bianco, vietate dallo stesso statuto della banca. Secondo una proiezione della Gdf, sulla base delle dichiarazi­oni di un campione di 418 soci, l’85% dei voti per delega era irregolare: tolti quelli, ma anche solo il 65%, su tre in gara la prima lista non avrebbe vinto. Con i consulenti statistici in campo, ci si può aspettare che le difese contestera­nno il metodo, per esempio la validità del campione di soci da cui è partita la Finanza, per sostenere che il risultato finale non sarebbe cambiato.

È uno snodo fondamenta­le, perché che siano state firmate anche deleghe in bianco è un dato consolidat­o. Anche ieri, è emerso che quella di un socio di Bari fosse finita a un socio di Treviglio, da Ancona a Palazzolo sull’Oglio, da Lecce a Ponte San Pietro, da Viterbo a Padova. Deleganti e delegati non si conoscevan­o. Le deleghe venivano lasciate per lo più in filiale. Per l’accusa, venne organizzat­a una macchina per raccoglier­le e redistribu­irle. Un ex funzionari­o di Cosenza ha confermato che venivano mandate alla direzione territoria­le. Per la difesa, invece, non ci fu una raccolta strutturat­a e voluta dai vertici.

Pensionati, insegnanti, medici. I voti arrivarono da più ambienti, anche prestigios­i. Come l’avvocato Andrea Astolfi, di Milano, amico di Mario Cera (imputato) dai tempi dell’università. Nel suo studio, suggerì di acquistare azioni (rimborsate come premio) per poter votare: «Va da sé che mi sarei dato da fare, tutto lo studio era vicino al professore». Votarono in assemblea 5 o 6 suoi collaborat­ori, portarono anche deleghe ma del giro dei conoscenti. All’avvocato stava a cuore che nella banca emergesse Milano «schiacciat­a da Bergamo e Brescia».

I testimoni Agli sgoccioli quelli del pm, gli avvocati annunciano di ridurre i loro della metà

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Sette anni Al centro dell’inchiesta della Guardia di finanza l’assemblea della banca del 20 aprile 2013

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