L’intellettuale d’azione che ha combattuto l’Isis dopo le stragi di Parigi
Il reporter Davide Grasso stasera al Barrio
Gli intellettuali italiani — compreso il sottoscritto — sono quasi tutti, anche animati dalle migliori intenzioni, dei pensatori lontani dalla vita di azione. Alcuni, purtroppo, anche dalla realtà. Davide Grasso, che sarà oggi al Barrio alle 21 a presentare il suo ultimo libro, è un’eccezione. Grasso è uno degli italiani che, dopo gli attentati islamici di Parigi, ha sentito il dovere morale di andare a combattere l’Isis di persona, pur non avendo alle sue spalle nessuna preparazione militare — né, tantomeno, una vocazione alla violenza. Ha raccontato la sua esperienza in un libro straordinario quanto colpevolmente trascurato, «Hevalen», uscito nel 2017. «Hevalen» significa «amico» in curdo, perché è nel Rojava martirizzato in questi mesi dai turchi che l’autore è andato a saldare il suo debito con la storia. È un libro straordinario perché completamente fuori dai luoghi comuni che uno si aspetterebbe da un radicale di sinistra come è Grasso. Il fatto è che, al di là delle idee politiche, Grasso è un uomo onesto ed è un reporter capace di vedere e testimoniare la realtà per le contraddizioni che propone. In questo senso «Hevalen» è un libro essenziale per capire molto di quello che sta accadendo in questi giorni intorno alla guerra di Siria.
Al Barrio Davide Grasso presenterà il suo nuovo libro, «La città e il fantasma», edito da Castelvecchi. La città in questione è Berlino, che l’autore considera l’epicentro di un’epoca storica che va dalla costruzione del Muro nel 1961 fino alla sua caduta nel novembre 1989. Il fantasma è proprio quello del muro, nella sua accezione storica ma anche nei suoi attuali avatar. Muri stanno sorgendo in tutto il mondo in un curioso ribaltamento di prospettive. Quello che le democrazie occidentali consideravano uno strumento di repressione della libertà oggi diventa rivendicazione di sicurezza e difesa, avallato da gran parte dell’opinione pubblica. Grasso si butta a capofitto in questi trenta anni di storia europea concentrandosi soprattutto sulle vicende apparentemente «minori» dei movimenti giovanili di qua e di là dal muro. Perché, tra le altre cose, Grasso è stato anche frontman di un gruppo rock e sa bene quanto la musica possa essere un veicolo rivoluzionario.