L’epigrafe misteriosa
Nuova luce su Leonardo e il «Salvator Mundi» nei preziosi fogli di un fondo del ‘500
La rassegna «Leonardo mai visto», legata alla riapertura (lo scorso maggio) della Sala delle Asse, ha superato i 300.000 visitatori. Altri se ne aggiungeranno da venerdì quando nella Sala dei Ducali del Castello Sforzesco sarà allestita una mostra-dossier, a cura di Pietro C. Marani e Alessia Alberti, dal titolo «L’atelier di Leonardo e il Salvator Mundi». Qui viene presentato il foglio del Civico Gabinetto dei Disegni, proveniente dal fondo Santa Maria presso San Celso (2600 disegni messi insieme dallo scultore Annibale Fontana a fine Cinquecento), che contiene la scritta «SALVTOR MUNDI». E il fondo nel quale si trovava anche il disegno floreale del segretario di Leonardo, Francesco Melzi, recentemente esposto.
Il piccolo foglio è interessantissimo da studiare. Sul recto sono disegnate figure copiate da studi anatomici di Leonardo riconducibili prevalentemente al 1510-13. I due disegni di gambe nella parte sinistra sono derivati da disegni giovanili di Leonardo ora nella collezione Windsor. Vengono presentati in comparazione con una «gamba» del fondo Peterzano, riconducibile agli ultimi decenni del Cinquecento. Un paio di disegni, sempre del recto, sono rifiniti a penna e inchiostro tracciati seguendo un disegno sottostante a matita rossa, che potrebbe far pensare a un labile tracciamento di Leonardo. Molti disegni del Codice Atlantico, infatti, sono ripassati in questo modo. Inoltre, il tratteggio di una gamba destra appare tracciato con la mano mancina. Una figura di spalle è riprodotta in maniera speculare a un disegno di Leonardo della Biblioteca Reale di Torino. La figura di vecchio in grassetto nero sulla destra del foglio è confrontabile, secondo Pietro Marani, con i fogli 19003 e 19001 di Windsor.
Sul verso del foglio, invece, c’è la scritta a matita nera «SALVTOR MUNDI». Forse si tratta di un primo abbozzo per un’epigrafe da includere, eventualmente, in un dipinto. Nello stesso verso si trovano segni, molto labili, variamente riconducibili a un accenno di panneggio (come notato anche da Marani in «Arte Cristiana», n.913) e, forse, a un ricamo della veste oppure a un pene, come quello disegnato in una pagina del Codice Atlantico. L’epigrafe è anonima, ma è interessante perché il termine «Salvator Mundi» per definire un Cristo benedicente non era poi così diffuso a inizio del Cinquecento.
Il ritrovamento spinge a considerare la diffusione del soggetto nell’atelier di Leonardo nel secondo soggiorno milanese, intorno al 1511, rigettando recenti ipotesi secondo le quali il «Salvator Mundi» battuto da Christie’s per 450 milioni di dollari potrebbe esser stato dipinto a Roma (Frank Zollner). Unica stranezza: il foglio è noto dal 2012, anno in cui fu restaurato dall’Opificio, ma nessuno si era preoccupato di studiarlo. Eppure, proprio in quell’anno la National Gallery espose il «Salvator Mundi» da record. Il foglio viene presentato accanto a disegni di Cristi benedicenti provenienti dallo stesso fondo e al «Salvator Mundi» attribuito a Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì, e datato 1511, già del patron di Esselunga Caprotti e da lui donato all’Ambrosiana.
Infine, dal 31 gennaio al 19 aprile 2020, sempre il Castello Sforzesco proporrà un altro affondo su Leonardo, approfondendo la sua scrittura. Si intitola infatti «Una scrittura allo specchio. I segreti della sinistra mano di Leonardo» la mostra che Isabella Fiorentini, Funzionario Responsabile della Biblioteca Trivulziana, allestirà nella Sala del Tesoro.