Ritorno alla Scala con Wagner
Riccardo Muti chiude il tour italiano con la Chicago Symphony Orchestra
«Mi dà felicità portare l’orchestra del mio cuore nel teatro del mio cuore»
Dopo Napoli («la città dove sono nato e ho studiato») e Firenze («dove tutto è partito, nel 1968 con il Maggio Musicale»), il tour italiano di Riccardo Muti con la Chicago Symphony Orchestra si conclude stasera alla Scala sulle note delle sinfonie «Mathis der Maler» di Hindemith e terza di Prokof’ev, introdotte dall’ouverture del wagneriano «Olandese volante». «Mi dà felicità portare l’orchestra del mio cuore nel teatro del mio cuore», ha detto parlando della formidabile corazzata musicale di cui è direttore musicale e del Piermarini, che ha guidato per vent’anni. «Un lungo periodo di cui non rinnego un giorno e di cui conservo ricordi che nessuno può cancellare». A 78 anni Muti è sempre più richiesto e amato: dieci giorni fa ha diretto la Chicago a Vienna, dove tornerà per il Capodanno 2021, domani sarà al Lugano Musica con la sinfonia «Dal nuovo mondo» di Dvorak, un europeo che come lui ha conquistato l’America a colpi di note. Nei 129 anni di vita della Sinfonica statunitense, Muti è il decimo direttore musicale, erede di una tradizione gloriosa che dal fondatore Theodore Thomas, nel 1891, è passata attraverso Solti, Haitink, Boulez e Barenboim: «Dei giganti dell’interpretazione che arrivarono a Chicago non all’inizio ma nella piena maturità della loro carriera». Ognuno di loro ha lasciato la sua impronta. «Solti spinse un’orchestra già famosa per l’eccezionalità degli ottoni verso una potenza sonora muscolare ed enfatica, Barenboim diedi più equilibrio con archi e legni. Da parte mia ho aggiunto un fraseggio e una lucentezza del suono che prima mancavano». E l’ha fatto attraverso l’opera, in particolare Verdi. «Abbiamo suonato Macbeth, Falstaff, Otello, poi toccherà a Cavalleria Rusticana: gli orchestrali amano l’opera». E amano anche Muti: «Non volevo più impegni istituzionali fissi, ma nel 2007 la tournée con la Chicago fu un tale incontro artistico e umano che accettai di diventarne direttore».