Paolini porta al Creberg il tramonto di Ulisse
Quando lo si ascolta parlare del proprio teatro, fatto di storie potenti, e gli si chiede quale sia la direzione del suo pellegrinare recitando, Marco Paolini ricorda Ulisse, «l’uomo dal multiforme ingegno»: è attore, autore e produttore, che si nutre di curiosità. Il suo teatro viaggia di città in città, mutando a seconda di quanto indica lo spettatore, che «è il miglior regista», sostiene l’artista.
Paolini stasera alle 21 sarà al Creberg per «Nel tempo degli dei. Il calzolaio di Ulisse» con la regia di Gabriele Vacis. L’attore frequenta Odisseo dal 2003, quando mise in scena U. «La mia non è un’ossessione — spiega —. Di rado sento la necessità di confrontarmi con il teatro classico, ma questa è una delle storie fondanti del nostro tempo. In U. dovevo sintetizzare i libri VI e VII dell’Odissea in un racconto, per una sfida musicale tra Uri Caine e Giorgio Gaslini. All’epoca feci una cosa trash, immaginando gli dei su di un colle chiamato Beverly, dando loro sembianze arroganti. Era il mondo del gossip. Riprendendolo anni dopo ho capito che gli dei erano troppo separati dagli umani. La mescolanza del divino e dell’umano aveva una ricaduta sul nostro tempo. Omero narrava agli uomini chi erano gli eroi. Oggi forse possiamo narrare questa storia per spiegare ai semidei chi erano gli uomini, visto che ci avviamo verso la strada dell’avere poteri di ubiquità e connessione. La ricerca biologica, quella digitale e cibernetica ci forniscono delle potenzialità». Nello spettacolo il racconto di Ulisse si mescola al capriccio delle divinità e «il tempo degli dei è il nostro», prosegue l’attore, in scena con altri cinque artisti e molta musica. Paolini incarna un vecchio Ulisse che riparte da Itaca.
Gli dei, che vivono nello chalet Olimpo, pensato come un rifugio tirolese, lo costringono a narrare la sua storia per il loro piacere e la segreta speranza di neutralizzarne lo spirito ribelle. «Ulisse è in cammino su un sentiero di montagna, perché la profezia di Tiresia gli impone di andarsene dopo la strage dei Proci, così prenderà su di sé le colpe e Telemaco verrà risparmiato — racconta l’artista —. Immaginiamo che il figlio sia partito con lui. Il rapporto tra i due è problematico. Non si parlano, ma Telemaco è il badante di Ulisse, che è invecchiato, pur non ammettendolo. Sulla strada incontrano un ostacolo, il dio Hermes travestito da pastore. Per poter andare avanti Ulisse è costretto a narrare la sua storia». Nello spettacolo si attraversa la storia moderna, usando l’Odissea come chiave. L’Ulisse raccontato da Paolini è travestito da calzolaio. Ha dismesso i panni dell’eroe. «È l’infame, macchiato di una colpa atroce. Penelope gli rinfaccia di essere andato oltre il limite. Lui è consapevole di non essere un uomo per bene e non espia colpe, non c’è assoluzione per lui».