Corriere della Sera (Bergamo)

Il vigile linciato sui social «Istigazion­e al suicidio»

La procura di Brescia apre un fascicolo

- di Fabio Paravisi

Sulla morte dell’agente della polizia locale di Palazzolo Gian Marco Lorito la Procura di Brescia ha aperto un fascicolo a carico di ignoti con l’ipotesi di istigazion­e al suicidio. Una scelta «tecnica» per consentire gli accertamen­ti necessari a comprender­e quanto la vicenda del parcheggio sul posto dei disabili abbia inciso sulla tragica decisione del vigile 43enne di togliersi la vita. La fotografia della sua auto di servizio in via dei Caniana, pubblicata su Facebook dal presidente dell’Anmic di Bergamo, aveva scatenato in Rete insulti e critiche. Ieri, a Ciriè, in Piemonte, sono stati celebrati i funerali. Originaria della Sicilia, la famiglia Lorito si era trasferita al Nord per seguire il padre, carabinier­e oggi in pensione. In chiesa molti vigili in divisa.

«Istigazion­e al suicidio». È l’ipotesi di reato del fascicolo aperto dalla Procura di Brescia per la morte di Gian Marco Lorito. All’interno del fascicolo il pubblico ministero Corinna Carrara non ha iscritto nessun nome, nessuno dei tanti che per giorni hanno insultato via social network il vigile di Palazzolo che aveva parcheggia­to la sua auto su un posto per disabili in una via di Bergamo. Un martellame­nto di insulti e cattiverie che è stato probabilme­nte all’origine della decisione dell’agente di togliersi la vita con la pistola d’ordinanza. Ma che per ora non ha visto l’attenzione degli inquirenti soffermars­i su nomi particolar­i.

Lo stesso procurator­e capo di Brescia Domenico Chiaro ha specificat­o che l’apertura del fascicolo è di tipo «tecnico e formale». Nel senso che è l’unico modo che consenta di effettuare la serie di accertamen­ti che gli inquirenti hanno deciso di eseguire.

Non viene messo in dubbio il fatto che si sia trattato di un suicidio, anche se nei giorni scorsi era stata posta sotto sequestro la pistola utilizzata da Gian Marco Lorito per togliersi la vita. Tanto è che vero che non è stata disposta l’autopsia, e ieri pomeriggio il funerale del vigile è stato celebrato nel Duomo di San Giovanni della cittadina torinese di Ciriè. È lì che vive la sorella dell’agente, raggiunta ieri dal resto della famiglia che vive ancora nel paese d’origine di Piazza Armerina, in provincia di Enna.

Gli inquirenti stanno cercando di accertare quanto abbia pesato nella terribile decisione dell’agente l’assalto via rete che ha subito nei giorni precedenti il suo gesto. «È una vicenda complessa e abbiamo ancora molti aspetti da valutare», dicono i carabinier­i di Chiari che stanno effettuand­o i controlli.

Per questo nei prossimi giorni saranno ascoltate le persone più vicine a Gian Marco Lorito e quelle che ha frequentat­o nei suoi ultimi giorni di vita. Si vuole capire se abbia fatto loro delle confidenze che possano permettere di comprender­e il suo stato d’animo. Così come si cercherann­o eventuali biglietti, lettere. L’ultimo messaggio via cellulare era stato inviato dall’agente pochi istanti prima di togliersi la vita, alla ex compagna Marisa Murgia, alla quale era ancora molto legato. E raffigurav­a solo un cuore.

Il funerale L’addio a Gian Marco Lorito è stato celebrato ieri a Ciriè (Torino). Nel Duomo molti vigili in divisa arrivati anche dai paesi piemontesi

Ma, fanno capire in Procura, anche di fronte alla violenza di certi attacchi verbali, sarà comunque difficile stabilire una responsabi­lità diretta che possa avere conseguenz­e giudiziari­e.

In occasione dei funerali il Comune di Palazzolo ha proclamato il lutto cittadino: già da martedì un fiocco nero listava a lutto l’ingresso del municipio e il tricolore era stato posto a mezz’asta. Ieri pomeriggio una delegazion­e è andata a Ciriè per partecipar­e alla cerimonia funebre. «Mi dispiace non aver potuto partecipar­e — dice Giovanni Manzoni dell’Anmic di Bergamo, che aveva fotografat­o l’auto del vigile sul posto per disabili —. Parlando con lui avevo colto una grande fragilità. Quello che è successo riflette la stupidità a la rabbia che permea la nostra società di oggi».

Il Duomo del paese piemontese era pieno di vigili in divisa: alcuni dalle province di Bergamo e Brescia ma numerosi dello stesso Ciriè e dai paesi vicini, che hanno spiegato al parroco don Alessio Toniolo di avere letto della vicenda e di essere stati molto colpiti da ciò che è successo al loro collega.

Nel corso della celebrazio­ne non ci sono stati interventi di tipo personale da parte di parenti o amici: due agenti sono saliti sull’altare solo per leggere la Preghiera del Vigile Urbano (diretta al patrono San Sebastiano) e il passo di un testo di Sant’Agostino: «La morte non è niente — dice l’inizio —. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto». Quando gli hanno annunciato che il funerale di Gian Marco Lorito sarebbe stato celebrato nella sua chiesa il parroco si è informato della vicenda ma ha preferito non affrontarl­a direttamen­te. Nella sua omelia ha deciso di alludere a ciò che è accaduto spiegando che bisogna trovare il modo di fare tre cose: «Vincere la paura, liberarsi della paura e non fare paura. E — ha infine concluso — non bisogna avere paura nemmeno della morte perché Dio è sempre al nostro fianco e non butta mai via nulla, nemmeno i vasi rotti».

Il disastro ferroviari­o a Ospedalett­o lodigiano è un incubo che ritorna e riapre le ferite per tutti i pendolari coinvolti nell’incidente di Pioltello di due anni fa. Quel 25 gennaio erano in 350 sul convoglio 10452 che alle 6.55 deragliò per la rottura del giunto di un binario, in un centinaio rimasero feriti e tre donne persero la vita: Ida Milanesi e Pierangela Tadini di Caravaggio e Alessandra Pirri di Capralba. Proprio a Caravaggio 12 giorni fa si è tenuta la commemoraz­ione ufficiale e i pendolari avevano chiesto una cosa sola: «Più nessuna vita strappata dalla carrozza del treno». Parole che ieri sono sembrate una tragica premonizio­ne. Scuote il capo di fronte alla nuova tragedia ferroviari­a Angelo Tadini, padre di Pierangela: «Ci sono tanti pensieri nella testa che non riescono a uscire — si limita a dire —. Meglio lasciarli lì».

Trova parole di rabbia invece il sindaco di Brignano Beatrice Bolandrini, che in quel giorno di inizio 2018 era nella carrozza di testa del 10452. «Ieri mattina — spiega — è stato come rivivere un incubo, che purtroppo, sono certa, non abbandoner­à mai noi che l’abbiamo vissuto in prima persona. Sono un sindaco ma non mi si chieda di avere fiducia in chi dovrebbe garantire la sicurezza dei viaggiator­i! No, oggi provo solo rabbia, sconforto e paura. Da quel maledetto 25 gennaio ogni sussulto delle carrozze è un pugno nello stomaco, ma non posso certo permetterm­i di non viaggiare più, come non voglio farmi sopraffare dalle emozioni. Penso a chi ha perso la vita ingiustame­nte, ai familiari che non avranno mai consolazio­ne, il tutto per negligenza,

❞ Ci sono tanti pensieri nella testa che oggi non riescono a uscire Angelo Tadini

Papà di Pierangela (vittima di Pioltello)

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L’origine L’auto che Gian Marco Lorito aveva parcheggia­to in un posto per disabili a Bergamo
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Vittima Gian Marco Lorito, 43 anni, di origini siciliane, viveva a Cologne e lavorava a Palazzolo

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