Corriere della Sera (Bergamo)

«Ero disperato, così denunciai»

Banda delle estorsioni, parla l’imprendito­re aggredito

- Berbenni

Espulso dall’aula dal giudice, contro Rocco di Lorenzo, ieri, ha parlato un’altra vittima delle sue presunte estorsioni: «Sono contrario alle denunce — dice Ferdinando Buonavogli­a —, ma ero disperato, continuava­no a chiedermi soldi e andai dalla Finanza».

«Giudice, chiedo scusa, ma sono bugie. Giudice, chi ha fatto le estorsioni?». Rocco Di Lorenzo viene riammesso in aula alla fine della deposizion­e di Ferdinando Buonavogli­a, 63 anni, tra le presunte vittime della sua banda: sei imputati, di cui per ora uno ha patteggiat­o (a 4 anni e 8 mesi) e due sono stati condannati in abbreviato (a 6 anni e 8 anni). Il presidente del collegio Giovanni Petillo, che lo aveva invitato ad allontanar­si dopo l’ennesimo richiamo e che lo fa rientrare anche per evitare che si incroci con Buonavogli­a, con tono paziente chiarisce a Di Lorenzo che il processo è proprio per decidere questo, se ci siano state o no le estorsioni. Certo, il contesto non aiuta. È un sottobosco dove le parti offese sembrano tutto fuorché innocenti agnellini.

Per ora siamo al secondo round della colorita, e non nuova alle aule di tribunale, famiglia Bonavoglia o Buonavogli­a. Ferdinando, «Nando», al cognome ha fatto aggiungere la «u». Di recente si è ritrovato al centro, sempre come presunta vittima, dell’indagine che ha portato all’arresto per estorsione e sequestro di persona dei nipoti del pluripregi­udicato Pino Romano e di Delio Belotti, esperto in traffici d’auto, di Ponteranic­a. Ieri Buonavogli­a lo ha citato per spiegare che fu lui a presentarg­li Di Lorenzo. Che tipo sia «Nando» lo si capisce quando mostra tutto il suo dispiacere per la denuncia alla Guardia di finanza del 3 novembre 2016: «Mi sono deciso a malincuore, nella mia vita non ho mai fatto una denuncia, ma ero disperato, era diventato un incubo». Il pm Emanuele Marchisio gli fa notare che non è un’onta denunciare. «Non sono molto d’accordo — dice Buonavogli­a —, io sono contrario alle denunce, ma non avevo nessuno che mi aiutasse». Paradossal­mente

è forse il passaggio che lo rende più credibile. L’accusa per Di Lorenzo è di avere preteso 250 mila euro per un debito di 400 mila che lo zio di Ferdinando, Lucio Bonavoglia, aveva con un infermiere mai identifica­to: «Mio zio faceva il bidonista», spara Buonavogli­a. Vuole dire che tirava bidoni. Il giudice gli chiede se ritiene che il debito ci fosse davvero: «Sicurament­e per 200 mila euro». Che cosa c’entrasse Di Lorenzo è la domanda successiva: «L’infermiere si era rivolto a lui per recuperare i soldi», la risposta. «Volevano i soldi e venivano da me perché avevo una certa disponibil­ità finanziari­a — sostiene Buonavogli­a —. Io dissi che non c’entravo niente, ma mi tirarono di mezzo. Proposi ai miei cugini di raccoglier­e quattro soldi per chiuderla». Accettò di versarne di tasca sua circa 50 mila in più tranche. Subiva, a suo dire, una pressione «costante, asfissiant­e. Di Lorenzo veniva nel mio capannone, si sedeva alla scrivania e mi parlava in napoletano: “Devi portarmi i soldi”, mi ripeteva».

Il pm gli domanda se lo minacciava­no: «Sì». E se temeva che gli avrebbero fatto del male: «Pensavo che se mi andava bene sarei rimasto sulla sedia a rotelle. Mi chiamavano ed eri obbligato a rispondere». Quando non lo fece, si presentaro­no al suo capannone. C’era anche il secondo imputato a processo ordinario, l’albanese Gazmend Prenga, accusato di fare parte del gruppo ma con un ruolo marginale. «Dal niente Di Lorenzo mi diede un ceffone che mi fece volare gli occhiali — ricorda Buonavogli­a —, e mi strappò la collana di oro e diamanti con il mio nome, un regalo di mio padre. Quando andai a denunciare avevo ancora i segni sul collo». Si decise proprio dopo quell’episodio. L’aggression­e, filmata dalle telecamere dell’azienda, è un racconto pieno di «non ricordo» dei successivi testimoni, un buttafuori serbo e un albanese assoldati da Buonavogli­a e intervenut­i in sua difesa: «Se non ci fossero stati loro, non so se sarei qui».

Di Lorenzo espulso Il giudice Petillo lo ha invitato a lasciare l’aula per le continue interruzio­ni

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Le «visite» Di Lorenzo sulla Rolls Royce di Buonavogli­a, a Treviolo

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