Lite alla fine del turno Accoltellato dal collega
Grave albanese di Gorle, in carcere un piemontese
tutti non ha aperto bocca. Non che cambi molto, dal loro punto di vista. In mano hanno il racconto dell’albanese, sentito subito dopo i fatti, quando ancora era in Pronto soccorso, ma soprattutto i filmati delle telecamere dell’azienda di Brembate. Riprendono i due colleghi mentre si dirigono verso il piazzale. Si capisce che il confronto è animato. Dopo due spinte dell’albanese, Beltutti resta alle sue spalle di pochi passi. Dal taschino sul lato sinistro della giacca toglie il coltello a serramanico, lo apre usando entrambe le mani e poi si avventa sull’altro, che retrocede di qualche metro ed esce dall’inquadratura. Il seguito lo ricostruiscono i militari. L’albanese, in quel primo frangente, incassa la coltellata. Sul lato sinistro del dorso la lama ha raggiunto il polmone, ma lui resta in piedi e anzi reagisce. Usa un paio di scarponi trovati nelle vicinanze per restituire il colpo. Nessuno tra gli altri dipendenti assiste al parapiglia, però si sparge la voce. Mentre Beltutti si sposta in un’altra sede della Petra, sempre a Brembate, il ferito inizia a stare male. Qualcuno non aspetta l’ambulanza e lo carica in auto per portarlo in ospedale. Altri avvisano il titolare, che va in carca dell’ag
(ieri, nonostante i tentativi, non è stato possibile contattarlo). Beltutti si fa trovare, torna sul luogo dello scontro e quando i carabinieri lo perquisiscono, gli trovano tre coltelli, di cui uno a serramanico, ma è piccolo e non ha l’impugnatura nera descritta dalla vittima. Non è nemmeno sporco di sangue. La deduzione di chi fa scattare le manette è che l’uomo si sia liberato dell’arma usata subito dopo essersi allontanato dall’azienda.
In caserma non sono sfuggiti i suoi vistosi tatuaggi con simboli di estrema destra, ma altri motivi oltre al diverbio, banalissimo sulla precedenza al lavaggio dei camion, per ora non sono emersi.
Sparita l’arma L’arrestato si sarebbe disfatto dell’arma subito dopo l’aggressione