Città verde? Che divario con i Maestri del Paesaggio
Davvero il dibattito sul verde a Bergamo può essere ridotto alle piante da tagliare? Davvero si può immaginare di risolvere tutto con i numeri? Qualche giorno fa Palazzo Frizzoni ha indetto una conferenza stampa per far sapere di aver abbattuto, dal 2019, 172 piante, di cui 130 malate, ma di avere in programma, da qui a due anni, la messa a dimora di duemila alberi. Che si aggiungono alle 9 mila alberature degli anni scorsi e all’inclusione del Parco a Sud, verso Stezzano, nel Parco dei Colli. Una differenza aritmeticamente schiacciante. Ma è tutto qui il dibattito sul verde in città? E non una città qualsiasi, ma quella che da nove anni ospita, con crescente successo, i Maestri del Paesaggio. Quanto ha inciso questa manifestazione che a settembre compie un decennio e che ha richiamato centinaia di migliaia di persone? Cosa ha proiettato negli orizzonti dei nostri amministratori?
A guardare piazza Risorgimento, a Loreto, e piazzale Alpini, vicino alla Stazione, si potrebbe dire: poco o nulla. Per carità, pronti a rivedere qualsiasi giudizio fra qualche mese, ma si può dire che non è certo il verde il protagonista di questi progetti. È il cemento.
Sia detto per inciso: almeno la giunta Gori ha cercato di sanare finalmente una zona degradata come quella vicino alle Autolinee, e questo è positivo, a dispetto dell’immobilismo precedente. Il problema è come: il risultato non sembra poi così positivo come le intenzioni che lo hanno generato. Se le piazze servono a socializzare, cosa favorisce di più la socializzazione, il verde o una spianata in calcestruzzo o in pietra? Di sicuro, in linea generale, non guasterebbero giochi per bambini, sedie sdraio e tavolini, magari anche bar, importanti quanto il verde per rendere vivibile e fruibile uno spazio. Prendiamo anche via Tiraboschi: pietra e sanpietrini, si attendono le fioriere. E il nuovo parcheggio di via Spino? Tanto asfalto, zero alberi. L’area dell’ex Gasometro: qualche minuscola siepe, punto. Come ci hanno insegnato i grandi architetti del paesaggio, in questi anni di «giochi» con allestimenti per trasformare, rivitalizzare, abbellire (qualche detrattore ha anche detto: per snaturare) angoli di città, la vegetazione porta vita. In certi casi pure affari: esperti hanno notato una correlazione tra il verde nei locali ristrutturati e una maggior frequentazione degli stessi. Va da sé che Bergamo, con un occhio di maggior riguardo, potrebbe diventare turisticamente ancora più appetibile. Qualcosa è stato fatto, è innegabile: il nuovo parco di via Fara disegnato da Joao Nunez, l’ampliamento del parco della Malpensata progettato da Peter Fink, il progetto di trasformazione di via Autostrada (che nasce proprio da una suggestione della Summer School dei Maestri del Paesaggio).Tutto bene, ma forse non è abbastanza. Soprattutto, se uno oggi cammina per il centro non ha certo l’impressione di essere nella città che rende onore ai paesaggisti.
Settimana scorsa il Corriere Bergamo ha ripercorso una curiosa vicenda storica, il taglio del piantù, un enorme ippocastano abbattuto nel 1923 nonostante le proteste in Santa Marta per aprire il cantiere dell’attuale Ubi banca e della Torre dei Caduti. Qualcuno in Giunta l’ha subito letta pro domo sua nella chiave del progresso che non si ferma, per fortuna, davanti a un albero. Ci può stare, ma non è di questo che vorremmo discutere. Gli alberi si possono sopprimere o salvare, ma la domanda è: vogliamo una città davvero verde oppure no? Un tema che può riguardare tutti, se pensiamo ai balconi o alle finestre da adornare. C’è un divario incommensurabile fra quel che appare in quelle due settimane di settembre, e quel che resta poi in città. Se ponete il problema a Maurizio Vegini, vero motore dei Maestri del Paesaggio, non riceverete dichiarazioni ufficiali. Ma guardando alcune opere che stanno cambiando il volto di Bergamo è come se «Piazza Verde» si fosse tenuta su Marte e le archistar mondiali del paesaggio non avessero gettato nemmeno un semino del loro talento nelle progettazioni urbane. O meglio, che i nostri progettisti non abbiano fatto tesoro delle idee e delle sollecitazioni che fior di paesaggisti hanno distillato in nove anni. Un peccato. Pare che il sindaco Giorgio Gori abbia a fuoco il tema, visto che oggi ha in programma una riunione con Arketipos (l’associazione che organizza con il Landscape Festival insieme a Palazzo Frizoni), e gli assessori Marzia Marchesi (verde pubblico) e Francesco Valesini (riqualificazione urbana). E questo fa sperare che non sia una battaglia persa. Nel sogno che Bergamo possa diventare, col tempo, la città dei Mille angoli verdi.
Buone intenzioni Qualcosa è stato fatto (nuovo parco di via Fara, progetto per via Autostrada) ma forse non basta