Corriere della Sera (Bergamo)

Sfida folle, ragazzino ferito e 3 indagati

Sgambetto «spacca cranio», clavicola rotta. Il questore agli studenti: non emulateli

- Di Fabio Paravisi

Sulle piattaform­e social preferite dai ragazzi, come Tik Tok, lo chiamano «Skullbreak­er challenge» cioè la sfida spacca cranio. E già il nome dice tutto sul livello di pericolosi­tà di quello che dovrebbe essere uno scherzo fra amici. Ma che nei giorni scorsi a Bergamo ha fatto finire in ospedale un ragazzino di 14 anni. Mentre i suoi compagni che, oltre a farlo cadere, lo hanno filmato, sono stati denunciati.

Il «challenge» funziona così: ci si mette ai lati di una persona e la si invita a saltare. Al momento del salto, con un calcio le si spostano le gambe, facendola cadere di schiena. Ovviamente si filma tutto fra le risate e poi si posta sui social per continuare a prendere in giro la vittima. Uno dei video è stato girato lunedì mattina durante l’intervallo in un istituto superiore di Bergamo, dove un ragazzino del primo anno è stato vittima dello scherzo di tre suoi compagni. Ma nella caduta ha riportato traumi a una clavicola e in zona cervicale. Medicato in ospedale, è stato dimesso con 20 giorni di prognosi. I suoi genitori hanno presentato una denuncia e i tre ragazzi sono stati segnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Brescia per lesioni e violenza privata. Saranno valutati anche i profili antigiurid­ici della diffusione del video. I tre sono anche stati sospesi da scuola. Saputo della vicenda, il questore Maurizio Auriemma ha organizzat­o ieri un incontro nell’istituto

( foto) insieme al suo vicario Edgardo Giobbi e al medico della Polizia di Stato Alfio D’Agati Placido. «È stato solo il primo di una serie di incontri con gli studenti — spiega Auriemma — per diffondere una sensibiliz­zazione sul fenomeno. La nostra idea è quella di far capire i pericoli dell’emulazione dei video che si vedono in rete. E che nel caso specifico non si tratta solo di un gioco perché si rischia la vita e ci possono essere serie conseguenz­e penali».

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