La bellezza è servita
Per la Settimana della moda l’Armani/Silos espone 70 immagini in rigoroso bianco e nero e «senza artifici» firmate dal tedesco Peter Lindbergh
La storia racconta che nel 1988 un fotografo tedesco trapiantato a Parigi, Peter Lindbergh (1944-2019), si sia permesso di dichiarare al direttore editoriale di Condé Nast, Alexander Liberman, di non voler fotografare le signore superpatinate che «Vogue America» proponeva. Invitato a fare una controproposta, aveva coinvolto sei giovanissime modelle, le aveva vestite con una camiciona bianca, senza trucco e con i capelli al naturale, e le aveva lasciate scherzare sulla spiaggia di Santa Monica, in California. Foto rifiutate da «Vogue» ed entrate nella storia. Modelle diventate in breve supermodelle: Estelle Lefébure, Karen Alexander, Rachel Williams, Linda Evangelista, Tatjana Patitz e Christy Turlington. Nel gennaio del 1990 Lindbergh sarebbe stato invitato a realizzare un’analoga copertina per «British Vogue»: era la consacrazione definitiva di un modo di lavorare, di vedere e rileggere la moda e la bellezza che sarebbero diventati inimitabili. Nel 1996 sarebbe stata la volta del Calendario Pirelli, che lo avrebbe visto autore delle immagini anche nel 2002 e nel 2017 e co-autore con Patrick Demarchelier nel 2014.
Oggi 70 sue opere, dal 1983 al 2019, selezionate da Giorgio Armani in collaborazione con la Fondazione Lindbergh, sono in mostra presso Armani/Silos. «Heimat. A Sense
of Belonging» si articola seguendo tre diversi itinerari: i ritratti di «The Naked Truth», la verità nuda, volti e corpi di donna senza alcun artificio; «Heimat», ossia la patria del cuore, il luogo al quale si sente di appartenere, che ripercorre le atmosfere del paesaggio industriale di Duisburg, in Germania, dove Lindbergh è cresciuto, e «The Modern Heroine», dedicato alle donne, alla bellezza senza tempo delle protagoniste delle sue immagini. Per tutta la sua lunga e felice carriera Lindbergh non ha mai derogato dalla sua ricerca di una sorta di «verità», o quanto meno di sincerità, nel raccontare moda e bellezza. È stato fedele alla fotografia in bianco e nero e, come ha dichiarato nell’era delle topmodel «per dieci anni ho fotografiche grafato soltanto dieci donne», top, certo, ma ritratte sempre come donne vere, libere dalla tirannia di una perfezione imposta e di una giovinezza imperitura.
Rifiutando di inchinarsi allo stereotipo plastificato della bellezza femminile imposta dalla fotografia di moda alla fine degli anni Ottanta, Lindbergh aveva tracciato una nuova strada sulla quale non poteva non incontrare lo stilista italiano con il quale aveva straordinarie affinità, Giorgio Armani. Che, nella presentazione della mostra, scrive infatti: «Le foto cinematodi Peter Lindbergh hanno un modo inconfondibile e inaspettato di fondere raffinatezza e spontaneità che le rende indimenticabili. Peter sapeva cogliere un’intensità segreta e vivace, lasciando intravedere un mondo di sensibilità ed emozioni. Con questa mostra all’Armani/Silos voglio rendere omaggio a un compagno di lavoro meraviglioso il cui amore per la bellezza rappresenta un contributo indelebile per la nostra cultura, non soltanto per la moda».
❞ Stile libero Rifiutando di inchinarsi allo stereotipi plastificati degli anni Ottanta tracciò una nuova strada