Viaggio surreale a Oriocenter
Il regno dello shopping in versione inedita I fornitori arrivano, ma è come se fosse chiuso I dipendenti increduli si dedicano alle pulizie
Il regno dello shopping in versione inedita: i fornitori arrivano, ma è come se fosse chiuso.
Al tavolino del bar al secondo piano quattro ragazzi giocano a briscola. «Abbiamo perso l’aereo e non sappiamo cosa fare, prima del prossimo volo». A Oriocenter, ai tempi del coronavirus, si potrebbe fare qualsiasi cosa: uno sprint in bicicletta dall’Apple Store fino alla Food Court e ritorno, jogging lungo tutta la galleria, un gara di monopattini. E giù, nel piazzale del parcheggio, pure un torneo di calcetto ad occupare centinaia di stalli liberi. La sensazione, quando mancano pochi minuti alle 11, è quella di un vuoto straniante, un silenzio surreale dove si sentono distintamente le canzoni mandate dall’impianto di filodiffusione e il rimbombo dei martelli degli operai che stanno ristrutturando un negozio.
Il tempio dello shopping è un guscio vuoto. Commercio ed economia sono altre due vittime di questa emergenza che, se nelle prime ore ha visto negli ipermercati l’assalto al forno delle grucce di manzoniana memoria, dopo 48 ore restituisce un contorno inimmaginabile. Oriocenter è aperto, ma è come se non lo fosse nonostante i camion con i loro carichi, le catene del freddo che non si interrompono e i corrieri con il transpallet che consegnano le merci. I negozi sono vuoti, le commesse hanno sguardi increduli e si mettono a riordinare, i rumori degli aspirapolvere riecheggiano da una vetrina all’altra. I maglioni non sono mai stati così perfettamente piegati, scarpe lucidissime, vetrine senza l’ombra di un alone. I banconi sono stati disinfettati, ma lo zelo di qualcuno si è spinto anche più in là, con l’igienizzante passato sulle grucce degli abiti.
Il pensiero va a sabato e domenica «quando saremo chiusi, ma anche oggi è come se lo fossimo» rileva una commessa che a Orio ha passato una vita di lavoro. Un intero fine settimana libero. «E quando mai è successa una cosa del genere?». Mai. Due giorni a casa che non avranno il sapore di una festa. «E pensare che il martedì grasso era una giornatona». Coriandoli a montagne, i bambini a casa da scuola, il concorso delle belle mascherine. Quelle di carnevale, non le altre. Le commesse non le indossano, ma parlano a distanza di sicurezza, ben oltre quei due metri che le autorità sanitarie consigliano di frapporre tra sé e gli altri, mentre all’Apple Store spuntano sulle mani di un’addetta un paio di guanti di lattice azzurro. Contatti digitali con carte di credito, bancomat e contanti sono protetti da una barriera che non toglie sensibilità al tatto e favorisce un sorriso rassicurante. «Tutto passa, anche questo passerà». Nel punto bar davanti a Zara è il trionfo delle brioches invendute. Colazioni servite gran poche, e tra le bariste che preparano i panini del mezzogiorno, insieme al prosciutto, si affettano preoccupazioni. «Quanto durerà questa cosa? Lunedì sera è stato spettrale» chiarisce una di loro. Cinema chiusi, Uci spento.
Gli stranieri, in transito all’aeroporto, non rinunciano ad una puntatina. Indossano delle felpe, non temono il freddo di febbraio e nemmeno il coronavirus. Sfilano spavaldi con i loro trolley, guardano le vetrine, mentre i commessi osservano loro. Anche questo un esercizio visivo sconosciuto, perché la gente nei centri commerciali va veloce, e non si ha il tempo di indulgere negli sguardi di chi sbircia oltre il vetro. Le facce si somigliano tutte, ma in una mattina così i volti dei clienti si imprimono nella memoria. All’ipermercato gli scaffali sono pieni, non manca nulla.
Nei carrelli spese normali e alle casse automatiche la mascherina protegge il volto dell’assistente ai pagamenti, perché qualche prodotto da stornare non manca mai. E se qualcuno chiede spiegazioni, bisogna rispondere. Meglio cautelarsi mentre si avvicina un mezzogiorno senza aperitivi e senza sole. La luce del giorno aiuta, il buio della sera spaventa di più, crea voragini di pensieri. «Ci si trova qui per andare a cena, per vedere un film. Cosa succederà?». È presto per fare i conti, ma registratori di cassa fermi e pos muti presenteranno a breve un corrispettivo degli incassi.
Il personale «Saremo chiusi sabato e domenica, ma quando mai è successa una cosa del genere?»
In solitaria Gli unici disinvolti sono i turisti stranieri che attendono un nuovo volo all’aeroporto