Leolandia: qui è un disastro
Giuseppe Ira, presidente di Leolandia: se anche l’emergenza rientrasse in pochi giorni, si tratterebbe di una perdita di 3,5 milioni.
Il Coronavirus spegne anche l’intrattenimento dei parchi tematici con danni ingenti. Solo per Leolandia, se anche l’emergenza rientrasse in pochi giorni, si tratterebbe di una perdita da 3,5 milioni di euro, il 10% del fatturato. Slittano per decisione delle strutture le riaperture: previste per il 14 marzo, sono state posticipate, al momento, al 28. Servono 20 giorni per la formazione del personale: oltre 300 gli addetti stagionali di Leolandia, provenienti dalla zona. Il numero sale a 630 da fine maggio. I dipendenti fissi sono 170.
I parchi a livello nazionale impiegano 15 mila stagionali e 10 mila occupati diretti. «Difficilmente il pubblico tornerà subito ad avere fiducia nel frequentare luoghi affollati — afferma Giuseppe Ira, presidente di Leolandia e dell’associazione Parchi permanenti italiani —. La perdita economica per il Paese, se perdura l’emergenza, sarà pari al crack di Lehman Brothers». Sono 230 i parchi dell’associazione in Italia con un fatturato di 420 milioni e un giro d’affari per l’indotto pari a un miliardo l’anno. Collocano un milione di posti letto, 100 mila solo per chi visita Leolandia.
«Il settore però non è inserito nel comparto turistico, ma dei beni culturali come spettacolo viaggiante, molte aziende rischiano il fallimento», afferma Ira. Le richieste sono di garanzie specifiche a tutela del business. «Serviranno agevolazioni fiscali, cassa integrazione straordinaria, moratoria per pagamenti fiscali e bancari e misure volte ad agevolare la corresponsione dell’Iva: chiediamo al governo una moral suasion sulle banche», è l’appello. Al vaglio i dispenser di disinfettante (che non manca ed è già presente) e i termoscanner agli ingressi. «Come per gli aeroporti, decide il governo, certo non è il massimo del marketing».