E la barista cinese si arrende: «Non entrava più nessuno, in giro mi guardano male»
Abbiamo quasi paura. I clienti nuovi da domenica non entravano più, per la sicurezza di tutti abbiamo chiuso
Elena Ruan barista
L’ora della colazione è passata da un pezzo quando il pensionato accosta in via Bianzana. Dall’utilitaria rossa nemmeno scende. La passeggera, all’apparenza, ha superato le sue stesse primavere ed è lei ad abbassare il finestrino e a studiare più da vicino il messaggio affisso sulla serranda abbassata: «Chiuso per precauzione fino a data da definirsi. Stiamo bene». Coronavirus. Neanche c’è bisogno di nominarlo.
Elena Ruan, 28 anni, comunque lo precisa, su un altro foglio esposto all’esterno del bar che gestisce ormai da un paio d’anni a due passi dal rondò delle Valli, a Bergamo: «La decisione — comunica — è stata presa in considerazione della vostra sicurezza, ma anche per la salute dei nostri dipendenti. Vi ringraziamo del continuo supporto in questo periodo difficile». Il resto lo spiega a voce: «È stata una scelta nostra, i clienti nuovi — si sfoga — non vogliono più entrare nel nostro bar perché siamo cinesi. Si affacciano, ci vedono e se ne vanno». Non c’è stato nessun contagio, nessuna imposizione dall’alto. È una decisione dettata dalla volontà di garantire «la sicurezza di tutti, anche la nostra», precisa Elena, che ha 28 anni, vive a Bergamo da 7 (da 11 in Italia) e tradisce le sue origini solo per le «r» trasformate in «l». L’inflessione è inconfondibile. Quando parla di sicurezza la intende in due modi. Sanitaria, certo: «A parte i clienti che conosciamo, non sappiamo chi entra al bar. Ci lavoriamo in tre: io, il mio moroso (dice proprio così, ndr) e una dipendente italiana». Ma non è solo quello: «Abbiamo quasi paura — racconta —. Da domenica, quando è successo il caos di Bergamo, non entra più nessuno, lo abbiamo visto subito. In Facebook ho letto di un barista cinese aggredito». Dove non lo sa. «Non sono riuscita a capirlo, non credo da noi — aggiunge —. Però, anche in strada, ti senti gli occhi della gente addosso. Sono andata a fare la spesa all’Esselunga e mi guardavano male per un colpo di tosse».
In Cina viveva nella provincia di Zhejiang, che sta a oltre 600 chilometri dalla tristemente famosa Wuhan. Ha ancora parenti che abitano là: «Ci dicono che stanno tornando alla normalità». Lei conta di prolungare l’autochiusura almeno fino a lunedì: «Per questa settimana facciamo così, poi vedremo».