Segni migranti l’ideale viaggio di Cresci
In 600 pagine il cammino artistico del fotografo, grafico e intellettuale. Iniziato da Matera
«Segni migranti» raccoglie oltre 60 anni del lavoro di Mario Cresci e ne testimonia le molte espressioni e la natura poliedrica di fotografo, grafico, intellettuale. Come lo definisce Arturo Carlo Quintavalle, Cresci è semplicemente un «creatore» che con la sua ricerca ha esplorato il dialogo con lo spazio, l’ambiente, le persone, sperimentando i molteplici aspetti del reale e impegnandosi nel riscatto delle culture emarginate. Ligure di nascita e migrante per vocazione, inizia il suo cammino artistico alla fine degli anni ‘60 con l’esperienza nel Mezzogiorno italiano, a Matera, che lo segnerà indelebilmente. In quel periodo prende forma il fondamentale momento formativo sotto l’influenza del sociologo meridionalista Aldo Musacchio, suo maestro riconosciuto. Dopo gli anni di Matera, difficili e intensi, negli anni ‘90 compie la sua seconda migrazione e si trasferisce a Bergamo, dove dirigerà l’Accademia Carrara di Belle Arti fino al 2000 e dove ancor oggi vive e lavora. «Arrivando da Matera mi sembrava di essere sbarcato a New York», ricorda Cresci. «Oggi Matera è rinata, ma in quegli anni era veramente ai piedi della croce».
Del suo peregrinare artistico da nord a sud ne sono testimonianza le oltre 600 pagine del libro che ricompongono un ideale viaggio che attraversa una geografia fatta di segni, immagini, testi e disegni. Le tante storie di grafica e fotografia raccontate rispecchiano la personalità di Cresci e restituiscono la sua indomita voglia di contaminazione fra le arti e la volontà di rendere trasversale e senza confini una ricerca sperimentale portata avanti in contesti sociali e culturali molto diversi. «Il libro è nato e cresciuto mentre lo si faceva, un po’ spontaneamente», ricorda l’artista. «È un progetto ideato insieme a Mauro Bubbico e portato avanti da un gruppo di studenti di un corso di grafica e fotografia dell’Isia», l’istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino, dove entrambi insegnano. «Con qualche nostro suggerimento i ragazzi hanno elaborato i miei materiali d’archivio e dato forma a un libro che, per questo motivo, nasce da uno sguardo diverso e con il giusto distacco. E il risultato che abbiamo ottenuto devo dire che è molto interessante, una sorpresa». Tre saggi critici in apertura, a firma dello stesso Quintavalle, di Mario Piazza e Jonathan Pierini, anticipano la sequenza delle opere che coprono l’arco di una vita, mentre le pagine conclusive raccolgono scritti che evocano aspetti peculiari. Come spiega Cresci «è un libro che evita l’autocelebrazione e vuole essere un archivio aperto. L’intenzione è stata quella di mettere insieme tutto (o quasi), dai lavori più datati a quelli recenti. E quando ti trovi a rimettere le mani sul tuo lavoro scopri aspetti che non diresti mai, come opere che pensavi fossero progetti fantastici e che adesso...cambiano senso e prospettiva».
La pubblicazione è stata possibile grazie all’editore Claudio Corrivetti — «il suo è stato un atto editoriale molto coraggioso» — e ai tipografi Antezza di Matera che Cresci ha visto «nascere» durante la sua esperienza lucana.
L’autore «È un libro che evita l’autocelebrazione e vuol essere un archivio aperto»