«Amo Chinatown È la vera Milano»
A breve il suo nuovo disco «I buoni spropositi»
Cantautrice, attrice, scrittrice, in prima fila nel mondo della cultura meneghino. La milanese Micol Martinez si definisce «multitasking»: alle spalle studi di recitazione al Teatro Libero e il romanzo «Quando muori mi avvisi?» (Edizioni Nuova), da anni organizza con il poeta Vincenzo Costantino Cinaski e i musicisti Mell Morcone e Raffaele Kohler la rassegna itinerante «Cafè Bandini». Prima di tutto, però, è una songwriter con due dischi all’attivo e un terzo in arrivo, «I buoni spropositi». Uscirà il prossimo 18 marzo, ma sono già disponibili due singoli, «Mai o mai» e «Buon anno amore mio», canzone, quest’ultima, che parla delle promesse non mantenute che si fanno a se stessi. E un po’ anche di Milano: «Una Milano sporca, ci ho ballato e saltato sopra», canta Martinez. «L’aggettivo “spormi ca” mi è venuto a una festa di Capodanno all’Ohibò dove si ballava tutti sudati su un pavimento infangato dalle nostre stesse scarpe», spiega lei. «Ma Milano è sporca anche perché va troppo di fretta, così tanto che è facile restare indietro e sentirsi persi».
Prodotto da Giovanni Calella, l’album mette in scena un cantautorato pop non privo di malinconia e dagli arrangiamenti ariosi, giocati anche su crescendo percussivi, suoni di fiati, elettronica, cori. Dentro s’intrecciano dediche d’amore, pezzi di vita, riflessioni sull’importanza di accettarsi per come si è. «L’ho scritto in quel luogo tra immaginario e realtà dove il primo è spesso più entusiasmante della seconda e rappresenta una via di fuga», confida Martinez, trasferitasi di recente non lontano da una Chinatown che descrive come «una zona piacevole, con un’atmosfera popolare che altrove, sui Navigli e in parte all’Isola, si è persa». E aggiunge: «Mi è dispiaciuto vederla svuotarsi prima ancora che il Coronavirus diventasse un’emergenza, così come ora
spiace vedere Milano deserta. Al di là del problema sanitario, il blocco delle attività culturali mette in difficoltà tanti, di cui molti precari, che con la cultura campano».
Lei ne sa qualcosa, considerato l’impegno con il succitato
Cafè Bandini: «Proponiamo serate in vari locali, da Germi al Garage Mulinski. Serate tra poesia, musica, teatro, cabaret, magia, che annunciamo senza svelare i protagonisti per stimolare la curiosità del pubblico; basate sull’improvvisazione e non su gerarchie tra nomi di serie A e serie B. E questo nonostante ci capiti di ospitare artisti noti come Vinicio Capossela e il comico Paolo Rossi». Ora l’album «I buoni spropositi» rimetterà al centro la musica, per farla poi dialogare con altri linguaggi: «Oltre a scrivere un nuovo romanzo sto preparando uno spettacolo teatrale che arricchirò con i pezzi del disco. Tratterà in chiave umoristica di maschilismo, famiglia, psicologia. Io interpreto il ruolo di una Micol un po’ spaesata che sentendo nella sua testa la voce di Giovanna d’Arco osserva il mondo con lo sguardo di quest’ultima, figura che per me rappresenta la forza della passione e la pulsione verso il cambiamento».
Aggettivi «Ho definito questa città “sporca” perché va troppo di fretta ed è facile restare indietro»