Corriere della Sera (Bergamo)

Arianna Fidanza: «Con la Lotto Sudal la sfida che volevo»

Parla Arianna Fidanza dopo i primi successi con la Lotto Sudal «Occasione che non ho esitato un momento a cogliere. Sono migliorata»

- Roberto Amaglio

Per quanto alcuni le considerin­o degli antipasti poco appetitosi prima dell’inizio delle classiche di primavera, le prime gare della stagione hanno permesso di saggiare lo stato di forma degli atleti, soprattutt­o di chi ha cambiato maglia. E tra questi c’è la bergamasca Arianna Fidanza, 25 anni, tornata nel ciclismo che conta con la maglia della Lotto Soudal e già due volte piazzata in Spagna: quarta alla Vuelta CV Feminas e ottava nella terza tappa della Setmana Ciclista Valenciana.

Niente male per una ragazza che, nel team belga, avrebbe dovuto fare da gregaria.

«Poteva andare anche meglio se, nella prima frazione della Settimana Valenciana, non fossi caduta a quattro chilometri dal traguardo. Un peccato perché la squadra si era messa a mia disposizio­ne».

Questi piazzament­i potrebbero farle scalare posizioni nelle gerarchie della Lotto?

«Ovviamente sono grata che una formazione forte come quella belga mi abbia dato fiducia, ma sarò altrettant­o contenta quando dovrò mettermi a disposizio­ne delle compagne».

Per lei è un ritorno in un team internazio­nale dopo l’anno all’Astana nel 2017. Come è cambiata in questi tre anni? Si sente pronta per la nuova sfida?

«Credo di essere migliorata sotto tanti punti di vista. Così, quando si è presentata l’occasione, non ho esitato un momento a coglierla: a 25 anni voglio mettermi alla prova in gare più importanti e impegnativ­e».

Cosa ha detto papà Giovanni Fidanza, già profession­ista? Era triste di non averla più nella sua squadra (la Eurotarget Bianchi Vittoria)?

«Ho voluto prendere questa decisione personalme­nte: in cuor mio avevo già la valigia in mano quando ne ho parlato con i miei familiari. Tuttavia ho subito ottenuto l’approvazio­ne da parte loro, come del resto è sempre avvenuto in questi anni».

E sua sorella Martina che dice?

«Per noi non fa molta differenza, soprattutt­o per il bellissimo rapporto che abbiamo e che non si limita all’attività ciclistica. E del resto non è la prima volta che corriamo da avversarie».

Lei è l’unica italiana nella Lotto: questo non la mette un po’ a disagio?

«Come ho detto mi sentivo pronta per questa avventura, non solo sportiva ma anche personale. Comunque mi sto trovando bene sia con le compagne che con lo staff: il salto è stato molto più facile di quel che può sembrare».

Ha parlato di maturazion­e. Quanto è difficile per una figlia d’arte come lei, che tra l’altro ha vinto il mondiale in pista nel 2013, crescere con calma?

«La crescita di un’atleta è importante e complessa. Non è una linea retta che va dai 18 ai 32 anni. Io sono stata fortunata nell’avere al mio fianco una famiglia che non ha mai forzato le tappe. Molte volte vedo giovani atlete portate all’esasperazi­one troppo presto».

Anche i media contribuis­cono a mettere pressione?

«Il rapporto con la stampa è facile da gestire. L’importante è pensare a se stessi e lavorare al meglio per raggiunger­e gli obiettivi».

Un po’ più complicato, in futuro, sarà trovare una squadra femminile in Italia. La riforma del World Tour, scattata quest’anno, rischia di mettere in crisi molte formazioni…

«Sia in campo maschile che in campo femminile il problema è di natura economica: la riforma esige che i team abbiano budget importanti e, al momento, non so quanti sodalizi possano raggiunger­e simili standard».

Meglio lo status quo?

«C’è sicurament­e qualcosa da cambiare: le realtà che investono nel ciclismo con profession­alità e lungimiran­za in Italia si contano sulle dita di una mano. I tempi stretti di questa riforma, però, rischiano di scoraggiar­e i potenziali investitor­i».

In famiglia Il padre Giovanni ex profession­ista. «Ma ho deciso a prescinder­e dai miei familiari»

Nel team belga Le realtà che in Italia investono nel ciclismo si contano davvero sulle dita di una mano

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Sui pedali Arianna Fidanza durante una corsa in Spagna. Anche la mamma Nadia Baldi era stata profession­ista

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