Il pm: «Ergastolo per Chiara» Lei ammette i colpi e piange
Delitto di Gorlago, l’imputata: ho tolto il martello dalle mani di Stefania e ho reagito
Le maxi provvisionali L’avvocato di parte civile ha chiesto in tutto per i familiari della vittima 2.330.000 euro
Alla fine dell’udienza, la porta dell’aula si spalanca e Chiara Alessandri osserva il resto del mondo dalla gabbia degli imputati. È seduta con le gambe incrociate e l’espressione attenta, ma neutra, come se fosse in un luogo come un altro. Come se non avesse appena raccontato delle martellate a Stefania, con il marito e la sorella di lei ad ascoltarla. I capelli le cadono sulle spalle, indossa un giubbino rosso. Pochi minuti e sarà riportata in carcere, dove è detenuta dal 19 gennaio 2019, due giorni dopo il delitto. Da allora non ha più visto i suoi tre figli, che hanno 7, 8 e 12 anni. Per ora, può comunicare con loro solo per scritto. Dopo la sentenza dovrebbero iniziare le telefonate e più in là gli incontri. Il gup Alberto Pavan ha rinviato la decisione al 26 marzo e i primi a lasciare il tribunale di Brescia, alle 12.45, sono Stefano Del Bello e Loretta Crotti, che piange con il viso nascosto dietro le mani. Nessuno, a caldo, se la sente di commentare. Stefano lo fa qualche ora più tardi. Poche parole: «Ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso, oggi rivivere tutto è stato riaprire una ferita che mai verrà rimarginata».
Per Alessandri, 44 anni, il pm Teodoro Catananti ha chiesto l’ergastolo. Contesta l’omicidio premeditato e la soppressione di cadavere, che insieme farebbero salire la pena all’ergastolo con l’isolamento diurno, ma l’imputata ha scelto il rito abbreviato e può godere dello sconto di un terzo. Dunque, carcere a vita senza restrizioni in più. È convinta, l’accusa, che Alessandri abbia pianificato tutto, dalla trappola al depistaggio mal riuscito. Stefania Crotti, 43 anni, lei madre di una bambina di 8, era la moglie da cui Stefano era tornato dopo la breve relazione che avevano avuto l’estate precedente. Il primo atto dell’omicidio era andato in scena nel garage della villetta di Gorlago, dove Alessandri si dava il cambio con l’ex nella gestione dei bambini. Quel pomeriggio li aveva portati da sua madre. Al ritorno, aveva trovato, all’inizio della discesa verso il suo garage, Stefania bendata sul furgone dell’amico ingaggiato per la pantomina della sorpresa. Una volta congedato, sola nel box, l’ha affrontata. Durante l’esame, chiesto dal suo avvocato Gianfranco Ceci, Alessandri ha aggiustato la versione su cosa è avvenuto subito dopo. Ha parlato in modo chiaro, senza mai rivolgersi ai familiari di Stefania per invocare perdono o chiede scusa. Aveva scritto a sua madre, l’unica parente che le fa visita con uno zio. In risposta a una domanda della difesa dice di avere realizzato il dramma che ha causato: «Ho capito di avere rovinato la vita a tutti, alla famiglia Crotti e alla mia, a partire dai mie figli». L’unico crollo emotivo, durante l’arriga. Seduta accanto al suo legale, con i familiari di Stefania alle sue spalle, è scoppiata in lacrime e il giudice ha sospeso per pochi istanti. La nuova versione riguarda i colpi a Stefania. Ha ammesso di non averla solo spinta, ma di averla tramortita con un martello, per reazione dopo che lei aveva impugnato per prima l’arma. Il difensore ha mostrato la fotografia di un livido, compatibile con una martellata, che Alessandri aveva sull’avambraccio nei giorni del fermo. Non ha precisato quanti colpi ha inferto, il medico legale ne aveva indicati 4 e altri 15 di striscio. A terra, senza sensi, Stefania le sarebbe sembrata morta. Avrebbe controllato il battito cardiaco due volte, al collo, senza sentire nulla. Così l’ha caricata in auto per allontanare il corpo da casa: «Stavano per tornare i bambini».
Da qui in poi, il secondo atto, a Erbusco, dove il giorno successivo è stato trovato il cadavere semi carbonizzato (perciò è competente il tribunale di Brescia). L’orologio di Stefania si era fermato all’ora in cui l’auto di Alessandri risultava ancora in quella zona. Per l’accusa, voleva cancellare ogni traccia. Lei continua a negare di averle dato fuoco. Non c’è stato, a suo dire, nessuno sopralluogo il giorno precedente. Semplicemente, nel panico, si sarebbe diretta nell’ultimo luogo dove era stata. Il suo difensore ha chiesto la condanna per tentato omicidio in concorso materiale con l’omicidio colposo. Le martellate non avevano ucciso Stefania, finita dal fuoco. Anche l’avesse appiccato l’imputata, per la difesa la riteneva già morta: non voleva ucciderla. In subordine, l’avvocato chiede la condanna per omicidio preterintenzionale, in ogni caso con le attenuanti generiche: «Non parliamo di una criminale, prova ne è il fatto che i carabinieri sono arrivati a lei in 24 ore, ma di una donna segnata da tante vicissitudini: la morte del fratello, l’incidente del marito, la disabilità della figlia. È stata — conclude Ceci — una madre affettuosa, impegnata come catechista, animatrice, rappresentante di classe». Si è invece associato alla richiesta del pm l’avvocato di parte civile Luigi Villa, che ha chiesto provvisionali di 350 mila euro per la sorella, di 480 mila per il marito e di 500 mila per la figlia e ciascuno dei genitori.
❞ Noi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso, rivivere tutto è stato come riaprire una ferita che mai verrà rimarginata Stefano Del Bello marito della vittima