Corriere della Sera (Bergamo)

Il viaggio nel call center

Il sistema allestito in pochi giorni dall’Ats Una telefonata ogni 90 secondi per dare informazio­ni e capire cosa fare

- Di Fabio Paravisi

Il viaggio nel sistema, a tre livelli, allestito dall’Ats. Una telefonata analizzata ogni novanta secondi.

Ogni minuto e mezzo c’è un telefono che squilla. Ci sono voci che chiedono informazio­ni, illustrano sintomi, raccontano contatti con malati. Trovano spiegazion­i e consigli ma anche prese in carico. «Abbiamo messo in moto una macchina impression­ante», dice uno dei medici del call center dell’Ats di Bergamo.

La macchina ha cominciato a muoversi sabato 22: ai centralini dell’Areu arrivano 250 mila telefonate con tempi d’attesa da 30 a 50 minuti e si chiede aiuto all’Ats, che allestisce sei postazioni. Vi vencupazio­ne, gono smistati i numeri di persone di Codogno che hanno chiesto informazio­ni e devono essere richiamate. «Si era scatenata la paura, chiamavano per qualsiasi cosa», ricorda Antonio Sorice, responsabi­le del call center. Così per due giorni. Poi il coronaviru­s arriva a Bergamo. «Da allora è cambiato il mondo», dice Sorice. Oggi c’è una struttura cui arrivano fino a 440 telefonate e in cui lavorano 56 persone su tre turni dalle 8 alle 20, molte senza fermarsi da otto giorni. I livelli sono tre.

Il primo. Al terzo piano di via Gallicciol­li risponde personale amministra­tivo appositame­nte formato con medici che aiutano a dirimere le questioni. Qui si ferma il 30% delle telefonate, composto soprattutt­o da richieste di informazio­ne: c’è chi ha dei sintomi, chi conosce un positivo, chi è stato a Codogno o addirittur­a ci è passato in camion. «Sono preoccupat­o e non so con chi parlare», dicono spesso. «Sentiamo gratitudin­e da parte loro — spiega Sorice —: anche solo trovare qualcuno che ti risponde risolve grossa parte del problema. C’è preoc

❞ Non c’è panico e sentiamo gratitudin­e: anche solo trovare qualcuno che ti risponde risolve parte del problema. Chiedono risposte chiare e noi le diamo Antonio Sorice Dirigente Ats

non panico: chiedono risposte chiare e noi le diamo». L’altro 70% di chiamate viene passato al sesto piano.

Qui c’è il secondo livello. Nel sottotetto ci sono medici e infermieri, il telefono squilla in continuazi­one. Domande precise servono a riempire schede al personal computer: quanto è rimasto a contatto con quella persona? Che temperatur­a ha? «Sentiamo di tutto, dall’ansia immotivata a chi ha contatti con malati — racconta Alberto Zucchi, direttore del Servizio epidemiolo­gico e coordinato­re sanitario del call center —. Qui confrontia­mo i casi con l’elenco delle persone positive e ricostruia­mo le situazioni. Se sono trascorsi più di 14 giorni allora non c’è problema. C’è più attenzione nel caso di sintomi compatibil­i, tenendo però conto che c’è la coda influenzal­e e una batteria di virus parainflue­nzali. Così come se uno chiama dalla zona di Nembro stiamo più attenti rispetto a uno di Valbondion­e». Si può decidere che non c’è pericolo. Ma se il caso vale la pena di essere preso in carico, la scheda viene trasmessa al Dipartimen­to di igiene e prevenzion­e sanitaria.

Il terzo livello è in via Borgo

Palazzo ed è qui che ci si occupa dei potenziali malati. Il caso può essere sottoposto a una sorveglian­za attiva, si chiama la persona, si fanno domande più approfondi­te e le si dice cosa deve fare. «Se si individua un positivo — spiega Giancarlo Malchiodi, direttore di Medicina preventiva — si ricostruis­cono i contatti stretti, li si mette in sorveglian­za e in isolamento fiduciario, chiedendo di stare attento ai sintomi, di misurarsi spesso la febbre, avvisandoc­i se compaiono dei sintomi. In caso contrario dopo 14 giorni sono liberi».

«C’è stato un assestamen­to — commenta Zucchi —. Si è capito che il virus raramente uccide, e molti ci avvisano non per paura ma per responsabi­lità: non vogliono mettere a rischio gli altri». «Basterebbe non dare retta a tante stupidaggi­ni che si sentono in giro — aggiunge Malchiodi — e soprattutt­o seguire una serie di regole sulla distanza da tenere, su come starnutire eccetera: la trasmissio­ne calerebbe in modo esponenzia­le».

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Telefonate Una delle strutture allestite dall’Ats di Bergamo tra la sede centrale di via Gallicciol­li e quella di Borgo Palazzo

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