Lezioni a distanza
Le lezioni sono sospese? La scuola è chiusa? Niente paura, ci sono i nonni.
I miei nipoti, studenti di scuole elementari e medie, io, anziana a cui si consiglia di stare in casa. Come affrontare questi giorni che non sono vacanze estive o natalizie? Viviamo in posti diversi, ma abbiamo computer e tablet. Organizziamo una video chiamata collettiva e una lezione. «Voi rifornitevi di un quaderno, l’astuccio e un libro di narrativa a piacere». Io di qualche idea. Cominciamo segnando la prima pagina con un grande punto interrogativo. Ne
Caro Schiavi, non sono giorni felici, tuttavia bisogna pensare al futuro senza dimenticare quel che ci è stato lasciato. E allora, in quale Paese e in quale regione d’Europa si trova una grandiosa opera d’arte idraulica tentata alla fine del Cinquecento dal governo di Spagna, voluta da Napoleone Bonaparte nel 1805 e completata nel 1819 con il concorso dell’Austria? Quale Paese e quale regione d’Europa può vantarsi di avere un capolavoro di idraulica con connotati europei di grande interesse per la storia e la cultura dell’ingegneria idraulica?
Quel fortunato Paese è l’Italia e la regione è la Lombardia. L’opera d’arte idraulica, la più importante tra le opere idrauliche d’Europa dei primi dell’Ottocento, è il più moderno tra i navigli milanesi, ideato e realizzato per sostituire il naviglio di Bereguardo, per permettere di navigare da Milano al mare Adriatico e nel contempo irrigare la pianura e alimentare, sfruttando i salti d’acqua, con energia idroelettrica, alcune attività produttive. Quell’opera d’arte è il Naviglio di Pavia che dalla darsena di Porta Ticinese in Milano raggiunge la bellissima darsena di Pavia e dal terrazzo della pianura si immette nel più basso corso del Ticino mediante l’imponente scala d’acqua, che consentiva alle imbarcazioni di scendere circa 30 metri di quota con sei conche facciamo la storia ( «Ma davvero l’hanno inventato i monaci? E gli Spagnoli, che esagerati!»). E qui ci vuole l’esclamativo, e ci inoltriamo nelle differenze. Poi il punto di domanda dà il via a tante, tante domande. Ne parliamo, ne scriviamo, ne leggiamo. E il bello è che non sempre ci sono risposte. Ad una però sì: «Domani la rifacciamo, la lezione?»
Politici sempre lontani
di navigazione di cui due accoppiate. Lo sanno i consiglieri regionali e i parlamentari europei che il Naviglio di Pavia è l’unico canale di matrice europea, l’unico esemplare di idraulica che testimonia la continuità del fare di diversi paesi europei, anche se dominatori di Milano? Un canale che merita di essere riabilitato alla mobilità dolce, alla navigazione turistica e alla produzione di energia da fonte rinnovabile. Restaurarlo significa per Milano e per Pavia poter offrire ai cittadini europei di Spagna, Francia e Austria, oltre che ai milanesi e pavesi, una gita sul «loro» canale. Significa completare il recupero turistico dell’idrovia Locarno-Milano-Venezia e recuperare i salti d’acqua per la produzione di energia. Un’attrazione sulla quale, usciti dall’emergenza, è giusto puntare.
Caro Malara, sui Navigli non sempre siamo stati d’accordo, ma stavolta lo sono in pieno. Ho visto le bellissime immagini che Pavia ha messo in mostra, con la scala d’acqua e le opere di architettura idraulica: sono mozzafiato. Credo che sostituire uno dei ponti a raso che ostacola la navigazione e avviare il restauro sia doveroso: sarà un segnale per la ripresa. Il coro è univoco, «Sì». Poi il video si spegne.
L’amministrazione comunale di Milano e il sindaco Sala non hanno disattivato le telecamere
Le giuste precauzioni
per gli accessi Area C, nonostante la crisi in atto. Anche questa volta la politica si è dimostrata lontana dai cittadini
Pur nel rispetto delle decisioni del governo, credo che i cinematografi, a Milano,potrebbero riaprire almeno nei feriali, imponendo una distanza di almeno due o tre poltrone fra uno spettatore e l’altro. Sappiamo tutti che nei feriali le sale sono semivuote già in tempi normali,quindi non mi sembra un’ idea irrealizzabile,facilitata dal fatto che i posti sono numerati.
La scultura di bronzo quasi sfugge all’occhio, un tutt’uno con l’angolo del palazzo che sta tra il corso di Porta Ticinese e via Gian Giacomo Mora. Qui era la casa del barbiere Mora, «ingiustamente torturato e condannato a morte come untore durante la pestilenza del 1630». È scritto sulla targa di fronte all’opera di Ruggero Menegon, che raffigura una colonna stilizzata. Sotto, anche tre righe del Manzoni, tratte dalla sua «Storia della Colonna Infame». Già, non bastò la morte, anche la casa del presunto untore (più o meno in quest’area) venne abbattuta: al suo posto, una colonna e, sul muro della casa di fronte, anche una lapide, sempre a duraturo disprezzo. In realtà, ricordò uno sfregio alla giustizia e alla città. Sino alla notte del 24 agosto 1778, quando il governo austriaco cancellò tutto. La lapide, invece, si trova ancora nel cortile ducale del Castello, sotto il portico dell’Elefante.