Corriere della Sera (Bergamo)

«Torno a fare il medico di base»

L’ex sindaco di Cene Cesare Maffeis: «Malati con febbre alta da due settimane e pochi operatori, ci chiamano di continuo»

- Di Maddalena Berbenni

«Solo questa mattina avrò ricevuto una decina di telefonate». Da Cene, Leffe, Clusone e Villa d’Ogna, Gorlago e Trescore Balneario. Cesare Maffeis, 51 anni, sindaco a Cene dal 2009 al 2014, è tornato a fare il medico di base. «Io stesso mi chiedo se stia facendo la cosa giusta, a casa ne discuto con mia moglie — ammette —. È chiaro che il rischio di esporsi al contagio, nonostante le precauzion­i, è elevatissi­mo, ma qualcuno lo deve fare». E raccomanda di non farlo passare per un eroe, «perché sto solo facendo il mio dovere, questo è il mio lavoro».

È direttore sanitario delle case di riposo di Cene e Gromo, presidente di Casa Serena a Brembate Sopra e vice nelle Rsa di Clusone e Martinengo, oltre che presidente dell’Associazio­ne case di riposo della provincia di Bergamo. Continua a seguire da vicino quel delicatiss­imo fronte, «ma adesso l’emergenza è rappresent­ata dai malati a domicilio, è un disastro — risponde, quando può, con la voce trafelata —. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone con febbri persistent­i. È difficile dire se si tratti sempre di coronaviru­s. La cosa certa è che non si è mai vista un’epidemia influenzal­e di questa portata, glielo potranno confermare anche altri miei colleghi». La sua, però, non è una zona come un’altra. È la Val Seriana dai numeri così alti da avere spinto l’Istituto superiore di sanità a ragionare sull’istituzion­e di una zona rossa simile a quella di Codogno. Questo all’inizio della settimana. Ora il contagio si sta diffondend­o così velocement­e che sono state previste misure più rigide anche per il resto della provincia. «Mi sembra che il messaggio “è poco più che un’influenza” abbia confuso molti. Questa non è una semplice influenza, i sintomi possono essere importanti anche per persone non anziane, perché dipende da come ognuno li sviluppa. L’altro giorno sono stato in centro a Bergamo e non ho incrociato una sola persona con i guanti e la mascherina. Io ero l’unico».

Secondo Maffeis, il virus si sta allargando: «Sta risalendo la valle. Ci sono ambulanze che vanno e vengono per tutto il giorno. Io ricevo telefonate di continuo da conoscenti, amici, parenti, oppure colleghi che sono in difficoltà». Perché il problema è anche la carenza di operatori: «Moltissimi sono ammalati, altri in quarantena. Nelle nostre case di riposo mancano infermiere, coordinatr­ici». Fuori sono i medici di base, ieri è toccato a uno di Cene. Oppure i farmacisti. Maffeis cita un caso, che colpisce per la gravità ma anche per l’età della persona coinvolta: «Un medico sui cinquant’anni che lavora in due delle nostre strutture è ricoverato a Varese in coma farmacolog­ico. È gravissimo. Sappiamo che era passato dall’ospedale di Alzano Lombardo».

Le case della gente. «Sto facendo sei o sette visite ogni giorno — spiega —, a cui non posso dire di no. Avevo acquistato in anticipo le mascherine più protettive, dunque fortunatam­ente sono attrezzato. Ci chiamano persone che sono a casa con 39 di febbre da dieci giorni, molti con problemi respirator­i. Mi ha contattato una donna di Trescore Balneario, che non ho potuto visitare, che ha il marito positivo in ospedale. Stava male anche lei. Un anziano sugli ottant’anni di Cene, invece, sta male da due settimane con un aggravamen­to dei sintomi negli ultimi giorni. Non ho la certezza del tampone, ma tutto mi dice che è coronaviru­s». Maffeis dà il quadro anche sulle Rsa. Nei giorni scorsi aveva proposto di chiuderle del tutto alle visite dei parenti: «Ora — afferma — ci sembra che le famiglie abbiamo capito l’importanza di non entrare in contatto con gli ospiti delle strutture. È un sacrificio, ma il rischio è davvero alto».

Molti colleghi sono malati, uno di 50 anni è in coma a Varese. Non è una semplice influenza Cesare Maffeis medico

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