Motorizzazione, il funzionario rischia il carcere (per l’affitto)
L’Appello conferma i 9 anni per Vitti, ma ora il problema è lo sfratto
Richard Paul Vitti, il funzionario della Motorizzazione civile condannato per le mazzette agli esami di scuola guida e le finte malattie, rischia di tornare in carcere.
La Corte d’Appello di Brescia, giovedì, ha confermato la condanna a 9 anni di reclusione decisa dal giudice del primo grado, ma il problema, ora, è più di natura pratica. Cinquantacinque anni, sospeso dal servizio in attesa della sentenza definitiva, Vitti è ai domiciliari in un appartamento, a Bergamo, che aveva preso in affitto dal titolare di un’autoscuola. Ed è sotto sfratto per morosità. Se dovrà lasciare la casa e non troverà in tempo un’alternativa, potrebbe subire un aggravamento della misura cautelare. «L’ingiunzione dovrebbe partire oggi, temo che arrivino da un momento all’altro — spiega lui al telefono —. Sto cercando disperatamente un alloggio. Ho fatto anche richiesta per l’assegnazione di una casa popolare, ma a quanto pare non ho i requisiti per averla. Se non troverò una soluzione, dovrò tornare in carcere da innocente (lo era stato per due mesi tra febbraio e aprile 2018, ndr)».
La sua versione è quella già consegnata alla stampa dopo il primo verdetto. «Sono stato condannato senza avere fatto niente — sostiene —. Non mi è stato concesso di portare le prove a mio favore». Una mezza ammissione la fa. «Io l’unica pecca che ho — racconta — è quella di essere andato in America, ma l’ho fatto perché mio padre aveva gravi problemi di salute e volevo trovare il modo di curarlo».
È il viaggio di dicembre 2016, quando in Motorizzazione aveva preso un periodo di malattia con certificato (il suo medico è a processo). Un collega lo aveva chiamato e aveva smascherato la trasferta: il trillo del telefono non era quello dell’Italia. «Dove sei?», gli aveva chiesto. Vitti aveva risposto che era a casa e il collega: «Non ci credo. Dal suono non è Italia... Mi dispiace. Perché io lavoravo ai telefoni di Stato e so come suonano... Non mi fai scemo». È solo una delle accuse per cui il funzionario è chiamato a rispondere. Le più pesanti riguardano le vessazioni nei confronti di alcuni titolari di autoscuole per ottenere soldi e favori in cambio di esami normali: dalla macchina lavata al pieno di benzina fino alle tariffe per le sessioni del mattino e per quelle del pomeriggio, secondo le indagini della polizia stradale coordinate dal pm Fabrizio Gaverini. Di «spregiudicatezza» e «senso di impunità» ha parlato il giudice Bianca Maria Bianchi nella sentenza del 23 maggio. La sua conclusione è che gli atti commessi da Vitti siano «espressione, tutti, di un profondo svilimento della funzione pubblica, trattata alla stregua di uno strumento per conseguire, di volta in volta, i propri interessi».
La Corte d’Appello si è presa sessanta giorni di tempo per le sue motivazioni. Il verdetto ricalca il precedente. Respinta anche a questo giro la richiesta delle attenuanti generiche da parte del nuovo difensore di Vitti, l’avvocato del Foro di Milano Federica Garavaglia: «Se ci saranno gli estremi — commenta — faremo sicuramente ricorso in Cassazione. È vero che i capi di imputazione sono tanti, ma, letti gli atti di indagine, la pena ci pare eccessiva. Il numero dei promossi e dei bocciati tra prima e dopo l’inchiesta non è mai cambiato».
«Sono innocente» L’esaminatore dai domiciliari: rischio di tornare in cella senza avere fatto niente