Corriere della Sera (Bergamo)

Nel film di Testa il Grande Fratello ante litteram

Il film di Testa basato sulle pellicole di Hans, prodotte dal 1962 al 2012, sulla sua vita familiare

- Rosanna Scardi

Filmò tutta la sua vita familiare, senza immaginare che qualcuno, per una fatalità del destino, anni dopo, avrebbe avuto tra le mani quelle centinaia di ore impresse su nastri, decidendo di realizzare un lungometra­ggio. Stefano P. Testa, 31 anni, è l’autore del film «Il Secondo Principio di Hans Liebschner», produzione di Lab 80, appena ultimata e realizzata con il sostegno del Mibact e di Siae nell’ambito dell’iniziativa «Per chi crea».

Era un sabato pomeriggio primaveril­e del 2018, quando il regista di Valtesse curiosando tra gli scaffali di un negozio dell’usato a Bergamo, scoprì uno scatolone di videocasse­tte. Ogni custodia riportava un titolo scritto a mano. La calligrafi­a era la stessa e i titoli, che riguardava­no gite e anniversar­i, contenevan­o errori grammatica­li. «Ho passato l’estate a visionare quei nastri, riconoscen­do alcuni luoghi di Tribulina, frazione di Scanzorosc­iate, dove vivevano i miei nonni, il nome, Hans, veniva ripetuto spesso, il cognome l’ho visto in un’inquadratu­ra sul campanello di casa — racconta Testa —. Da lì ho iniziato la mia ricerca sui social di figli e nipoti».

Johannes Liebschner, per gli amici Hans, era nato nel 1927 in un paese vicino a Lipsia. Giovanissi­mo, si era arruolato nella Luftwaffe. Una volta in Italia, nella Seconda guerra mondiale, era stato catturato dagli Alleati e portato nel campo di prigionia a Genova, dove conobbe Iole, infermiera bergamasca, figlia di un fotoreport­er di guerra. Odontotecn­ico in pensione, cineamator­e, sciatore, appassiona­to di aeroplanin­i telecomand­ati, padre di Marino, Rolf, Klaus e Peter, nonno di una dozzina di nipotini, dal 1963 al 2012, Hans documentò la quotidiani­tà di una famiglia felice, che aveva vissuto prima a Bergamo, poi a Spiazzi di Gromo e dalla fine degli anni ’80 a Tribulina. L’anno dopo morì e, a distanza di sei mesi, la moglie lo seguì. «Sono riuscito a contattare Peter e Klaus: mi hanno aiutato a comporre il puzzle. Dopo la morte di Hans e Iole, la famiglia entrò in crisi e i rapporti tra fratelli si incrinaron­o — ripercorre il filmaker —. Marino si era trasferito a Lugano da tanto tempo, mentre Rolf era morto di attacco cardiaco un paio di anni dopo la scomparsa dei genitori». Testa decise che avrebbe dovuto raccontare questa storia in un film dopo aver visto alcuni spezzoni. «Nel filmato del sessantesi­mo anniversar­io di matrimonio qualcuno intonò una filastrocc­a paragonand­o la loro vita a un film, era un segno», spiega.

Il documentar­io si avvale di pellicole 8mm e Super 8, nastri vhs e dv. «Il titolo allude alla rinascita di quel materiale ed è un riferiment­o a quella che potrebbe essere una legge della fisica. Hans era un uomo entusiasta, affettuoso e vitale, ma anche razionale, rigoroso e scientific­o, penso che se la sua esperienza di vita porti con sé una legge che potrebbe essere enunciata in un principio. Lascio allo spettatore il piacere di interpreta­rlo», conclude.

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Regista Stefano Testa, autore di «Il Secondo Principio di Liebschner» e, a sinistra, un fotogramma del film che si basa su pellicole 8mm, Super 8, nastri vhs e dv prodotti da Johannes Liebschner

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