«L’epidemia non deve diventare l’unico pensiero»
Isabel Fernandez, psicoterapeuta di Emdr: eventi così traumatici lasciano il segno sulle persone
I terremoti di San Giuliano, dell’Aquila, in Emilia, in Centro Italia. Il crollo del ponte Morandi e i ragazzini sequestrati sull’autobus, a Crema. L’associazione EMDR riunisce psicologi e psicoterapeuti specializzati negli eventi da stress. Ora, con un protocollo firmato con l’Ats, anche da coronavirus. Ne ha viste tante, la presidente Isabel Fernandez, psicologa e psicoterapeuta, ma questa è un’emergenza «unica, mai vista». Evitare i contatti è la cura principale che dal punto di vista psicologico ha un forte impatto.
Isolamento e separazione che effetti provocano?
«Non avere contatti fisici ravvicinati non è naturale e crea sofferenza. Per chi è inserito socialmente è un’interruzione, sì, ma imposta dall’esterno e di conseguenza incide meno. Non ha a che fare con il “me”, ma è un ordine e fa sentire tutti sulla stessa barca».
❞ Pensiamo questo momento anche come occasione per stare a casa e in famiglia, senza sentirci in colpa. Non ci mancano le comodità Isabel Fernandez Psicologa e psicoterapeuta
Le persone si sono divise tra quelle in panico e quelle che non limitavano i contatti. Perché reazioni così opposte?
«Il problema è che inizialmente è successo in Cina e vedevamo il problema molto lontano. Quando è arrivato qui, ha creato incredulità. E finché era a Codogno è stato percepito ancora come se non riguardasse gli altri. Non potevamo immaginarcelo, in una vita così frenetica e moderna. Non siamo nemmeno abituati ad affidarci completamente a chi è al comando, a prendere assolutamente per vero quello che ci dicevano».
Fino a sabato sera si vedevano giovani nei pub.
«I giovani sono in un’altra dimensione, anche a livello cognitivo non hanno lo stesso assetto degli adulti. È anche vero che, finché i locali erano aperti fino alle 18, sono arrivati segnali contraddittori».
I malati non possono ricevere visite e i loro cari andare a trovarli: che impatto ha sulle famiglie?
«È una sofferenza molto particolare. In genere, si sta vicini alle persone che stanno male. Ora no e questo provoca un senso di impotenza. Chi vive sensazioni così intense e drammatiche rimarrà segnato: rimangono nella memoria e impattano nei mesi successivi, provocando ansia da separazione».
Non si possono nemmeno celebrare i funerali.
«Abbiamo bisogno di quel momento, per essere abbracciati e confortati, e per rendere onore alla persona che non c’è più. Potremo trovare altri modi, dopo, una cerimonia o un evento per recuperare».
Quanto aiuta pensare ad altro e fare altro?
«Non bisogna stare tutto il giorno a cercare notizie e, comunque, bisogna informarsi solo dalle fonti attendibili. Pensiamo questo momento anche come occasione per stare a casa e in famiglia, senza sentirci in colpa. Non ci mancano le comodità. Stare in casa, questo ci viene chiesto. Poi, è bene fare esercizio fisico e tutto quello che ci dà un senso costruttivo».
Ci sono però persone più esposte, come quelle sole.
«Lo è chi ha già precedenti con ansia e disagio emotivo. E chi ha vissuto situazioni simili, anche se diverse, perché riaffiora ciò che si era sedimentato. Per loro il fattore di rischio è importante, è bene che chiedano aiuto a terapeuti specializzati».
Se questa condizione dovesse durare a lungo cosa provocherebbe?
«Ansia generalizzata, depressione, conflitti e irritabilità. Pensiamo anche ai problemi a livello lavorativo ed economico».
Questa emergenza collettiva unirà o dividerà?
«All’inizio porta all’unione, a mettere insieme le riserve. L’importante è mantenere lo spirito di gruppo: questo virus in un certo senso è molto democratico, ci insegna che siamo tutti uguali e vulnerabili. Un’esperienza vissuta in modo diverso ma tutti insieme potrà dare una crescita post traumatica».