Corriere della Sera (Bergamo)

Rizzi: al Papa Giovanni 400 posti per i contagiati

- Giuliana Ubbiali

Arrivano malati più giovani: «Hanno resistito per giorni ai sintomi»

Il reparto di Neurochiru­rgia è vuoto e pronto con 48 posti letto per accogliere altri contagiati dal coronaviru­s. «Non lo apriremo nell’immediato, però è a disposizio­ne». Marco Rizzi, direttore del reparto Malattie infettive del Papa Giovanni XXIII, è al ventunesim­o giorno di lavoro su ventuno di emergenza Covid-19: «Riposi, ferie, congedi bloccati. Vale per tutti. Navighiamo a vista». Le ore di lavoro non si contano ma i posti letto sì, per forza, in un ospedale dal flusso continuo che trasforma reparti e pezzi di reparti. «Ieri (mercoledì ndr), come ultimo, il reparto Malattie infettive 2, sempre con 48 letti. Ora siamo a 400 posti in tutto l’ospedale dedicati a questo tipo di paziente, e tutti sono occupati». Nelle ultime tre settimane ne sono stati convertiti cinque, per altri 48 letti ciascuno. E 40 sono a San Giovanni Bianco.

Gravissimi o gravi. Dritti in reparto o in osservazio­ne breve, ventilati. Comunque, sono tutti pazienti che a casa non potevano essere curati. «L’afflusso medio dal pronto soccorso è di 50 persone che vengono ricoverate su almeno il doppio che arriva. In terapia intensiva siamo 70 pazienti ma nel giro di 24 ore saliranno a 80. Per ora resistiamo a livello di posti. Ci sono i decessi, purtroppo, ma anche le dimissioni che in media sono di 30 persone al giorno. Non tutte tornano a casa, oggi (ieri

ndr) una decina è stata trasferita in strutture intermedie».

All’inizio dell’emergenza finivano in ospedale gli anziani, ma ora anche i cinquanten­ni. Non si è abbassata l’età delle persone colpite dal virus, è stata diversa l’aggressivi­tà. «L’impression­e è che siano stati colpiti insieme, a livello temporale, ma i più giovani hanno resistito a casa con sintomi modesti e solo in un secondo momento si sono aggravati. Solo nelle Malattie infettive due intubati d’urgenza sono stati due cinquanten­ni. È anche vero che a questa età hanno maggiori probabilit­à di uscirne».

Giovani e meno giovani. Chi resiste e chi non ce la fa. Lo dicono i numeri, ad andarsene sono soprattutt­o gli anziani. Ha colpito l’intervista al

Corriere della Sera in cui un anestesist­a del Papa Giovanni diceva che, nell’emergenza, si è costretti a scegliere chi salvare. «Non si pensi che si estragga a sorte, che si salvi chi arriva prima, il giovane piuttosto che l’anziano. La Società italiana di anestesia rianimazio­ne e terapia intensiva ha pubblicato un documento in cui indica i criteri. Ci sono delle priorità basate sulla aspettativ­a di vita. Succede sempre di dover scegliere. In tempi di particolar­e sproporzio­ne

Finché i numeri sono questi possiamo reggere: c’è una ditta che produce flussimetr­i per la ventilazio­ne a ciclo continuo per noi Marco Rizzi Infettivi

Nuovi pazienti

tra risorse e bisogni, le scelte diventano più stringenti», spiega Rizzi.

Il lavoro a ciclo continuo implica che ci sia personale a ciclo continuo. «È la parte più difficile, ma sono state assunte nuove persone in tempi rapidissim­i, mai visti. Parlo dell’entrata in servizio il giorno dopo il bando», dice il primario. Altro problema sono le mascherine e i ventilator­i: «Fino a questi numeri, reggiamo. Abbiamo una ditta della bergamasca che produce senza sosta flussimetr­i per i sistemi di ventilazio­ne non invasiva: appena sono pronti andiamo di volta in volta a prenderli».

Febbre, tosse, dolori muscolari. Quelli, dice Rizzi, sono sintomi che non destano subito allarme: «Si sta in casa, a riposo, e ci si idrata. Scatta invece quando la frequenza respirator­ia aumenta al di sopra dei 20/22 atti al minuto. Il consiglio è chiamare il proprio medico o il 112 che valutano le condizioni e organizzan­o il trasporto. Non bisogna presentars­i in autonomia in ospedale».

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