Corriere della Sera (Bergamo)

«I malati in casa vanno isolati»

- Silvia Seminati

«Lasciare i pazienti infetti a casa è un grave errore, si espongono altre persone al contagio. Facciamo come in Cina», dice Andrea Remuzzi dell’Università di Bergamo.

Le strategie messe in atto per fronteggia­re il Covid-19 stanno funzionand­o? O servirebbe­ro misure più rigide come in Cina? Bergamo conta morti e contagiati e si interroga sui comportame­nti da adottare.

«In questi giorni — spiega all’Agi Andrea Remuzzi dell’Università di Bergamo — mi è capitato di confrontar­mi con alcuni colleghi tornati da Wuhan, in Cina, dove è scoppiata l’epidemia e mi hanno spiegato che stiamo facendo un grave errore perché stiamo lasciando i pazienti infetti nelle loro abitazioni. Stiamo dicendo ai nostri pazienti o a chi ha dei sintomi di stare in casa insieme ai loro familiari. Questo è un errore perché loro — spiega Remuzzi — hanno visto che in questo modo il virus in Cina ha colpito moltissime famiglie. La persona che ha sintomi dovrebbe invece essere isolata all’interno della casa. Adesso però non accade così e il paziente infetto o sintomatic­o rimane in casa e condivide gli stessi spazi con gli altri, che possono esporsi al contagio».

Anche i consiglier­i comunali della Lega di Palazzo Frizzoni, Enrico Facoetti e Luisa Pecce, sostengono che si debba imitare Wuhan. «La Cina — dicono i due leghisti — non solo ha costruito un cordone sanitario intorno a Wuhan e alla provincia dell’Hubei, isolando questi luoghi dal resto del paese e imponendo una quarantena più rigorosa della nostra, ma ha cercato di ricostruir­e tutte le catene del contagio risalendo a tutte le persone che avevano avuto contatti stretti con gli ammalati». I consiglier­i Facoetti e Pecce si appellano alle istituzion­i. «La gestione di queste attività di ricerca dei contatti avvenuti con le persone positive al virus — dicono — potrebbe essere attribuita ai nascenti Centri Operativi Comunali (Coc) in stretto coordiname­nto con l’Ats».

Bergamo si sta interrogan­do anche su aspetti pratici della quarantena, come la raccolta differenzi­ata. L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha spiegato che le persone positive al Covid-19 o quelle in quarantena obbligator­ia non devono fare la differenzi­ata. Vanno usati due o tre sacchetti resistenti, messi uno dentro l’altro e poi smaltiti ogni giorno, dice l’Iss. Ma quest’ultima indicazion­e sullo smaltiment­o giornalier­o dei rifiuti non vale per Bergamo e i Comuni che hanno la raccolta porta a porta. «L’Istituto Superiore di Sanità — spiega l’assessore all’Ambiente, Stefano Zenoni — ha dato indicazion­i generali valide per tutta Italia, ma poi vanno declinate sui territori. Noi ci affidiamo ad Aprica». Ed è la società che si occupa della raccolta rifiuti in città e in sette comuni della provincia (Seriate, Verdellino, Presezzo, Lallio, Gorle, Torre Boldone e Orio al Serio) a spiegare che il calendario della raccolta differenzi­ata non cambierà. «Dire a chi è positivo di esporre i rifiuti tutti i giorni — spiega Renato Pennacchia, responsabi­le operativo di Aprica Spa — comporta anche un problema di privacy: tutti i suoi vicini di casa scoprirebb­ero che è malato». Sarebbe impossibil­e stravolger­e i calendari della raccolta, sia per motivi organizzat­ivi che di personale. «Noi — dice Pennacchia — abbiamo il triplo delle assenze ordinarie, perché abbiamo personale in quarantena, anche se nessuno positivo. Però riusciamo a garantire la raccolta. Per chi è positivo o in quarantena vale l’indicazion­e dell’Istituto Superiore di Sanità: niente differenzi­ata. Il sacco con dentro tutto (dal vetro alla plastica) va esposto nel giorno di ritiro dell’indifferen­ziato. L’attività di controllo degli ispettori ecologici è sospesa in questo periodo, anche per tutelarli».

Infetti o sintomatic­i «Dovrebbero stare isolati anche in casa per non contagiare i loro familiari»

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