«I malati in casa vanno isolati»
«Lasciare i pazienti infetti a casa è un grave errore, si espongono altre persone al contagio. Facciamo come in Cina», dice Andrea Remuzzi dell’Università di Bergamo.
Le strategie messe in atto per fronteggiare il Covid-19 stanno funzionando? O servirebbero misure più rigide come in Cina? Bergamo conta morti e contagiati e si interroga sui comportamenti da adottare.
«In questi giorni — spiega all’Agi Andrea Remuzzi dell’Università di Bergamo — mi è capitato di confrontarmi con alcuni colleghi tornati da Wuhan, in Cina, dove è scoppiata l’epidemia e mi hanno spiegato che stiamo facendo un grave errore perché stiamo lasciando i pazienti infetti nelle loro abitazioni. Stiamo dicendo ai nostri pazienti o a chi ha dei sintomi di stare in casa insieme ai loro familiari. Questo è un errore perché loro — spiega Remuzzi — hanno visto che in questo modo il virus in Cina ha colpito moltissime famiglie. La persona che ha sintomi dovrebbe invece essere isolata all’interno della casa. Adesso però non accade così e il paziente infetto o sintomatico rimane in casa e condivide gli stessi spazi con gli altri, che possono esporsi al contagio».
Anche i consiglieri comunali della Lega di Palazzo Frizzoni, Enrico Facoetti e Luisa Pecce, sostengono che si debba imitare Wuhan. «La Cina — dicono i due leghisti — non solo ha costruito un cordone sanitario intorno a Wuhan e alla provincia dell’Hubei, isolando questi luoghi dal resto del paese e imponendo una quarantena più rigorosa della nostra, ma ha cercato di ricostruire tutte le catene del contagio risalendo a tutte le persone che avevano avuto contatti stretti con gli ammalati». I consiglieri Facoetti e Pecce si appellano alle istituzioni. «La gestione di queste attività di ricerca dei contatti avvenuti con le persone positive al virus — dicono — potrebbe essere attribuita ai nascenti Centri Operativi Comunali (Coc) in stretto coordinamento con l’Ats».
Bergamo si sta interrogando anche su aspetti pratici della quarantena, come la raccolta differenziata. L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) ha spiegato che le persone positive al Covid-19 o quelle in quarantena obbligatoria non devono fare la differenziata. Vanno usati due o tre sacchetti resistenti, messi uno dentro l’altro e poi smaltiti ogni giorno, dice l’Iss. Ma quest’ultima indicazione sullo smaltimento giornaliero dei rifiuti non vale per Bergamo e i Comuni che hanno la raccolta porta a porta. «L’Istituto Superiore di Sanità — spiega l’assessore all’Ambiente, Stefano Zenoni — ha dato indicazioni generali valide per tutta Italia, ma poi vanno declinate sui territori. Noi ci affidiamo ad Aprica». Ed è la società che si occupa della raccolta rifiuti in città e in sette comuni della provincia (Seriate, Verdellino, Presezzo, Lallio, Gorle, Torre Boldone e Orio al Serio) a spiegare che il calendario della raccolta differenziata non cambierà. «Dire a chi è positivo di esporre i rifiuti tutti i giorni — spiega Renato Pennacchia, responsabile operativo di Aprica Spa — comporta anche un problema di privacy: tutti i suoi vicini di casa scoprirebbero che è malato». Sarebbe impossibile stravolgere i calendari della raccolta, sia per motivi organizzativi che di personale. «Noi — dice Pennacchia — abbiamo il triplo delle assenze ordinarie, perché abbiamo personale in quarantena, anche se nessuno positivo. Però riusciamo a garantire la raccolta. Per chi è positivo o in quarantena vale l’indicazione dell’Istituto Superiore di Sanità: niente differenziata. Il sacco con dentro tutto (dal vetro alla plastica) va esposto nel giorno di ritiro dell’indifferenziato. L’attività di controllo degli ispettori ecologici è sospesa in questo periodo, anche per tutelarli».
Infetti o sintomatici «Dovrebbero stare isolati anche in casa per non contagiare i loro familiari»