Corriere della Sera (Bergamo)

«EROI? DATECI LE MASCHERINE»

- Di Riccardo Nisoli

La provincia che più di tutte sta lottando contro l’emergenza piange già due medici di base caduti per coronaviru­s, o meglio per non essere riusciti a proteggers­i dal contagio. La punta di un iceberg sommerso, che da settimane lancia vani appelli, culminati in un esposto alla magistratu­ra: «Mancano i dispositiv­i di sicurezza individual­i, rischiamo di essere veicolo del contagio, se ci ammaliamo pure noi chi curerà i nostri malati?». Loro, quelli che chiamano «eroi», e che insieme agli infermieri hanno scelto questo lavoro per passione, restano in prima linea anche se non hanno le mascherine adeguate. Ma fino a che punto lo Stato potrà approfitta­rsi del loro spirito di sacrificio? Negli ultimi giorni l’Ats (che si sta facendo in quattro per recuperare materiali, anche sui mercati esteri) ha mandato due forniture da 5 mila pezzi ciascuna, ieri altre 10 mila. Una buona notizia? Sì, fossero state mascherine con filtro, Fpp2 o Fpp3 (come quelle distribuit­e dieci giorni fa da Ats grazie a privati) . Invece sono mascherine chirurgich­e, un velo di stoffa che il virus — secondo i medici — può trapassare. Dal decreto del 2 marzo sono state «consentite». Un termine ambiguo, con ogni probabilit­à dettato dalla pressione contingent­e. Certo che è consentito andare alla guerra con le fionde, ma se il tuo nemico usa i carrarmati devi saperlo prima di scendere in trincea. «La smettano di chiamarci eroi — ci scrive un giovane medico —. Siamo profession­isti, vogliamo solo avere gli strumenti per lavorare».

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