Le lacrime di Roby «La mia città è ferita, che dolore»
Facchinetti lancia l’idea del lutto nazionale: non canto, troppo dolore
Cantava sui social per far sentire meno soli i suoi fan. Ora Roby Facchinetti ha deciso di smettere per rispetto verso chi sta perdendo i propri cari in questi giorni di emergenza e lancia un appello affinché sia indetto il lutto nazionale. La reazione dell’artista avviene dopo aver visto le immagini del corteo dei mezzi militari che trasportano le salme dei bergamaschi fuori dalla città perché Bergamo non riesce più a far fronte alle cremazioni.
Facchinetti, come sta vivendo questa tragedia?
«Con terrore, barricato nella
Dolore in ogni casa «Ho perso un cugino sessantenne e anche il pediatra dei miei nipoti»
Ho scritto al sindaco Gori, ho voluto essergli vicino. Neanche lui avrebbe mai immaginato questo disastro. C’è e vuole esserci, Penso a lui e ai tanti primi cittadini e sono preoccupato per loro: qualcuno ha perso la vita. Non possono restare chiusi in casa o in ufficio, anche loro sono in prima linea
Roby Facchinetti
mia casa, in zona stadio. Ho paura per i miei familiari e i miei concittadini. A Bergamo non c’è una famiglia che non sia stata colpita da una perdita per il coronavirus. Ho perso un cugino, sessantenne, che era ricoverato al Papa Giovanni, e anche il pediatra dei miei nipoti. Amici che sono cresciuti con me e i loro parenti sono morti o stanno molto male. Spesso sono intubati in terapia intensiva. Appena sento squillare il telefono, il cuore mi va in gola. Mi aggiornano su quello che è un vero bollettino di guerra. Quando ho visto i furgoni dell’esercito, ho pianto. Parlavo e non riuscivo a fermare il pianto, questo virus è un mostro che colpisce chiunque, in modo trasversale. Te ne rendi conto quando la disgrazia ti tocca da vicino».
Per questo motivo non se la sente di cantare.
«Non riesco, per almeno tre giorni mi fermerò. Ritengo sia giusto piangere in religioso silenzio. Stiamo vivendo un’immane tragedia umana, impensabile se non in un film apocalittico: l’Italia ha superato la Cina per numero di morti da Covid-19, la Lombardia e la nostra città stanno pagando il prezzo più caro. È opportuno e doveroso che si fermi tutta l’Italia per uno o più giorni per lutto nazionale. Ce ne sono stati, in passato, per eventi di minore portata. Perché non è ancora stato proclamato?».
Ha sentito il sindaco Giorgio Gori?
«Gli ho scritto, ho voluto essergli vicino. Neanche lui avrebbe mai immaginato questo disastro. Si sta dando da fare. C’è e vuole esserci. Penso a lui e ai tanti primi cittadini e sono preoccupato per loro: qualcuno ha perso la vita. Non possono restare chiusi a casa o in ufficio, anche loro sono in prima linea». Come passa le giornate? «Mi dedico alla musica, che aiuta a estraniarti dai brutti pensieri. Ma l’isolamento forzato ci sta anche regalando il tempo per riflettere, per dare la gusta collocazione ai valori e riflettere sui nostri errori, mi riferisco all’ambiente. La Pianura Padana è la zona più inquinata d’Europa. Sarebbe stupido che, una volta usciti dall’emergenza, tutto tornasse come prima. È un’occasione per essere migliori».
Quale sarà la prima cosa che farà dopo l’emergenza?
«Mi auguro di riprendere il mio tour, Inseguendo la mia
musica: era in programma a maggio».
In un altro post ha mostrato un video di Bergamo scrivendo che «non si spegnerà mai, anche se ora è ferita e svuotata».
«Bergamo tornerà a essere più forte e bella che mai, è sicuro. Adesso valgono le parole di Valerio Negrini in una canzone meravigliosa, Domani: “Vivere per vivere perché il mondo finirà, ma non domani”».