«I miei versi struggenti dedicati a chi soffre»
La voce ricercata e intensa di Cristina Donà entra nelle case attraverso i social dove posta una registrazione di «Dove sei tu», una sua poesia struggente, «Lungo il fiume Serio», e dedica la sua «Miracoli», dal video girato al Teatro Modernissimo di Nembro, agli abitanti della Val Seriana, la più colpita dall’emergenza sanitaria. L’artista vive, infatti, a Songavazzo, ai piedi della Presolana.
Come sta vivendo la quarantena?
«Mi sveglio con la testa piena di buoni propositi e nomi di amici e parenti da sentire. Con il pensiero a mia madre, che da settembre è in una casa di cura e non vedo da più di un mese. La preoccupazione è alta. La convivenza forzata in casa con Davide e nostro figlio Leo è ottima, ognuno ha modo di ricavarsi il suo spazio. Ma c’è un contrasto fortissimo tra il meraviglioso paesaggio che sta oltre le nostre finestre, l’aria pulita e l’apnea in cui siamo piombati. È paradossale avere la possibilità di poter respirare liberamente solo in casa. E poi la fobia per il nemico invisibile e l’ossessione maniacale per l’igiene a volte mi portano sull’orlo di una crisi di nervi, ma cerco di trovare il bicchiere mezzo pieno: oggi, mentre disinfettavo la spesa, pensavo che in fondo può essere un modo per essere più consapevoli di ciò che consumiamo».
Nella poesia postata su Facebook scrive «la rabbia si fa fuoco quando leggo testimonianze di amici infermieri e personale sanitario lasciati senza materiale protettivo».
«Mi riferisco agli atteggiamenti miopi adottati da tante direzioni sanitarie nei congrave fronti di ospedali, di studi medici e delle case di cura della Bergamasca, dove non sono state applicate le misure di sicurezza fin dai primi giorni, atteggiamento che ha permesso il diffondersi del contagio. Amici infermieri che lavorano in medicina generale sono stati osteggiati perché si sono procurati a loro spese le mascherine FFP3 a metà febbraio. Invece di ammettere la carenza dei dispositivi di sicurezza, i loro superiori si ostinavano a dire che non servivano. Questo è tanto quanto la violazione della quarantena, ma temo che, come sempre succede nel Paese degli impuniti, questa mancanza abnorme non sarà sanzionata».
Perché per accompagnare i suoi versi ha scelto l’immagine di un albero a Falecchio?
«È uno dei luoghi del cuore, una località vicino casa dove vado spesso a camminare, a raccogliere legnetti per la stufa, ad ascoltare il vento e a riempirmi gli occhi di verde. Ho imparato a rapportarmi con il paesaggio e a trarne anche ispirazione per le mie canzoni da quando mi sono trasferita qui, nel 1992. Di questo devo ringraziare mio marito, scrittore e geopoeta, che mi ha insegnato a vivere con consapevolezza e amore ciò che è a nostra disposizione fuori casa. L’albero rappresenta una presenza che siamo chiamati ad ascoltare per ristabilire un equilibrio, quello che abbiamo perso da molto tempo e ci ha portati fino a qui».
Quali sono le sue attività in queste giornate di isolamento?
«Facendo i compiti con mio figlio, giocando con lui, chiamando amici e parenti, leggendo notizie, organizzando la spesa, tentando di placare un’emotività scombussolata con lo yoga. Scrivo poesie anche se trovo molto faticoso concentrarmi sulle nuove composizioni»
Quali impegni sono saltati, oltre al tour?
«Sedute di registrazione, concerti, entrate essenziali. Noi versiamo enormi contributi, ma che tutele abbiamo? In Germania per arti e cultura si stanziano 50 miliardi.
Quale ascolto suggerisce per alleggerire la solitudine?
«“Il leone e la gallina” di Battisti».
Ha registrato e pubblicato «Dove sei tu» da casa, un modo per far sentire ai fan la sua vicinanza?
«Si, ma è soprattutto la mia dedica a chi sta soffrendo la lontananza dai proprio cari. È un modo per esorcizzare questa forzatura. La canto anche a me stessa».
Cosa le manca della normalità e quale sarà la prima cosa che farà quando tornerà?
«Stare con gli amici e i miei cari. Passeggiare senza mascherina e guanti. Respirare. Sto imparando quanto amo la vita e questo fa solo bene. Appena finirà tutto, abbraccerò mia madre, mia cugina, che è ricoverata con una doppia polmonite a Bergamo e sta lottando come una tigre, i miei amici infermieri e quelli che hanno perso un loro caro. E poi mi butterò con mio figlio nella folla di un concerto».
Mia madre è in una casa di cura e non la vedo da più di un mese. Quando finirà tutto correrò ad abbracciarla
C’è un contrasto forte tra il meraviglioso paesaggio che sta fuori dalla finestra e poter respirare liberamente solo in casa
Gioco con mio figlio, chiamo amici e parenti, scrivo poesie, ma è difficile concentrarmi su nuove composizioni