Ozonoterapia, il protocollo di Sioot Già buoni risultati contro la Sars
Ha un potere antivirale ed antibatterico che il Ministero della Salute ha certificato fin dal 1993. È un gas formato da tre molecole di ossigeno e viene utilizzato da tempo in ambito medicale con una miscela in cui al 3% viene impiegato insieme all’ossigeno al 97%: l’ozono.
È questo il fondamento chimico che sta alla base dell’ozonoterapia, una tecnica che, già sperimentata da parecchio tempo su diverse patologie, soprattutto muscolari e dolorose, aumentando la quantità di ossigeno introduce nell’organismo anche l’ozono. Che possa essere impiegata (con buoni risultati) anche nel trattamento della polmonite interstiziale da coronavirus? È questa la domanda al centro del carteggio intercorso tra l’Istituto Superiore di Sanità e il professor Marianno Franzini di Bergamo, presidente di Sioot, Società scientifica di ossigeno-ozono terapia, riconosciuta dal ministero della Sanità. «Già con successo hanno sperimentato, fin dal 2002 questa tecnica contro la Sars che, come si sa, è causata da un virus similare al Covid-19 — spiega Franzini — e sono stati osservati benefici effetti anche in paziente affetti da broncopolmoniti. Il suo impiego è in grado di correggere la mancanza di ossigeno, di avere un effetto antivirale e che, con un protocollo semplice che prevede l’autoemoinfusione. Dal paziente si preleva una piccola quantità di sangue che viene appunto ozono-ossigenato e reimmesso nella stessa via con cui è stato prelevato».
Dal canto suo l’Istituto Superiore della Sanità sottolinea, nero su bianco, come «le evidenze portate a sostegno dell’utilizzo di questa terapia nel caso del coronavirus dovrebbero essere confermate, in considerazione dell’obiettivo terapeutico, da una sperimentazione autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco». Perchè l’ozono, pur non essendo un farmaco, secondo l’interpretazione delle autorità, deve essere trattato come tale. Ma sempre nella stessa lettera l’Istituto fornisce delle indicazioni per eventuali approfondimenti: «Se ritenuto opportuno dal medico, il trattamento potrebbe essere effettuato sotto la responsabilità del medico stesso». «Sono già 11 gli ospedali del Nord Italia con cui siamo in contatto — spiega Franzini — e il protocollo che si avvale di alcuni macchinari, peraltro prodotti da un’azienda bergamasca, è semplice ed immediato». Disponibile ad un trial scientifico con la Sioot si è dichiarata l’Unità Operativa complessa malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano.