Pasotti: «Orgoglioso della mia città, composta nel dolore»
Giorgio Pasotti testimonial di Cesvi e nel video di Facchinetti «Rinascerò, rinascerai»
Giorgio Pasotti, dalla sua casa di Roma, vive con ansia e apprensione l’evolversi della situazione sanitaria a Bergamo, dove vivono i genitori, parenti e tanti amici che si mantengono in stretto contatto con lui. L’artista è testimonial di diverse campagne, da quella del Cesvi che ha raccolto 1,4 milioni di euro per l’ospedale Papa Giovanni a «Siamo tutti bergamaschi» lanciata da Fondazione della Comunità Bergamasca con Ats e il Consiglio di rappresentanza dei sindaci che ha ottenuto 500 mila euro da destinare alle 14 unità territoriali per l’emergenza sociale.
Pasotti, è stato toccato in modo diretto dalla tragedia?
«Pochi giorni fa è mancata mia zia, che non aveva mai avuto problemi di salute. Dimostrazione che il coronavirus può colpire e essere fatale per chiunque. Quando ho visto le immagini delle bare portate via dai furgoni militari ho provato un senso di impotenza, uno choc, un vuoto dentro. Era una scena spettrale, che ti aspetti solo da un film hollywoodiano dove un virus stermina un’intera popolazione. Roby Facchinetti mi ha chiamato, quei mezzi erano passati vicino al suo quartiere. E ho subito accolto la proposta di partecipare al video della sua canzone, “Rinascerò, rinascerai”».
Il papà della sua compagna, Claudia Tosoni, è infermiere allo Spallanzani. Com’è la situazione nella capitale?
«In confronto a quanto accade al Nord, molto più leggera. Mio suocero ci riferisce di tanti casi che guariscono, un minor numero di ricoverati in terapia intensiva e meno decessi. Sono sfortunato a essere lontano dai miei cari, fortunato per il minor pericolo».
❞ Pochi giorni fa è mancata mia zia, che non ha mai avuto problemi di salute. Questo virus può essere fatale per chiunque
Molti artisti usano i social per comunicare o intrattenere. Cosa ne pensa?
«Non apprezzo le dirette Instagram, i canti, le esibizioni, lo scherzare, è come se l’isolamento fosse una vacanza forzata. Sono per il silenzio che ti fa riflettere, studiare, leggere. Il 16 aprile parteciperò all’iniziativa a cura della Fondazione Teatro della Toscana
attraverso i canali di Firenze Tv. Leggerò “La marionetta di stoffa” di Johnny Welch, meravigliosi versi sull’importanza della vita, e un estratto dal romanzo “La peste” di Camus, che tanto ricorda la precarietà ai tempi del Covid-19».
Come per tanti suoi colleghi, sono saltati gli impegni di lavoro, è stato sospeso il tour di «Hamlet» e sono state rinviate le riprese a Napoli della fiction «Mina Settembre» con Serena Rossi per Raiuno. Come passa la quarantena?
«Mi alleno facendo esercizi nel terrazzo condominiale, addominali, flessioni, salto con le corde. Solo per prendere un po’ d’aria e fare un po’ di esercizio fisico. Non ho altre velleità».
Cosa farà appena finirà il lockdown?
«Correrò a Bergamo a riabbracciare i miei cari e, subito dopo, nella mia casa a Venezia. Vederla senza turisti con l’acqua limpida nei canali mi fa capire che anche nella tragedia c’è qualcosa di buono, la natura che si riappropria dei propri spazi, l’ordine, la pulizia. Lo percepisci di più a Roma, una città dove i cattivi comportamenti si notano. Mi auguro che questa sorta di mutuo sostegno reciproco continui».
Cosa le resterà di questa brutta esperienza?
«L’ospedale da campo, costruito da alpini, operai e artigiani in fiera a Bergamo in dieci giorni per 142 pazienti, senza un’inaugurazione, ma pensando a ricoverarci quanti ne hanno bisogno. La dignità e la compostezza di chi non si è mai lamentato, non si è lasciato andare a isterismi o a sceneggiate. Ma ha innalzato un muro concreto contro il virus. È toccante, questa è Bergamo. Sono fiero delle mie origini».
Guardando le immagini dei camion militari ho provato un senso di impotenza. Una scena che ti aspetti solo da un film di Hollywood
«Il 16 aprile attraverso i canali di Firenze Tv leggerò Welch e Camus»