«Cassa integrazione per 165 mila dipendenti»
«Assistiamo a qualcosa di mai visto», dice Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo. Le imprese stanno puntando agli ammortizzatori, tra cassa integrazione e fondi integrativi. A ieri le richieste ricevute dalla Cgil territoriale per il ricorso a questo tipo di strumenti ammontano a 9.500. E con un trend del genere, la proiezione che Peracchi azzarda è che la valanga della crisi occupazionale sfarini a valle, coinvolgendo nella Bergamasca «oltre 165 mila lavoratori. Cioè più della metà dei 313.000 dipendenti del settore privato della provincia».
Ancora numeri. Oltre ai dati del contagio da coronavirus, si comincia a fare i conti con quelli del mondo economico e produttivo del territorio. Preoccupanti, a dir poco. «Quello a cui assistiamo è qualcosa di mai visto», commenta Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo. Parole, le sue, che mettono i brividi. Dopo essere ricorse alle ferie, ai permessi e a tutti gli strumenti contrattuali disponibili, le imprese negli ultimi giorni stanno puntando dritto agli ammortizzatori, con la cassa integrazione o facendo ricorso ai vari Fondi integrativi. Il numero delle richieste cambia di ora in ora: a ieri pomeriggio le richieste ricevute dalla Cgil territoriale per ricorso ad ammortizzatori sociali da aziende ammontavano a 9.500. E con un trend del genere, la proiezione di stima che Peracchi azzarda è che la valanga della crisi occupazionale sfarini a valle, coinvolgendo nella Bergamasca «oltre 165 mila lavoratori. Siamo cioè a più della metà dei 313.000 addetti dipendenti del settore privato della provincia».
I settori
In prima linea ci sono le aziende della metalmeccanica, dai colossi con migliaia di addetti alle realtà medio piccole. Da questo comparto sono state avanzate 1.300 richieste che potrebbero (condizionale d’obbligo perché solo in un secondo tempo si potrà sapere dell’effettivo utilizzo degli ammortizzatori) riguardare almeno 70 mila lavoratori. Si stima, invece, che possano essere 40 mila i lavoratori coinvolti dei settori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo e degli studi professionali, da cui sono arrivate circa 2.150 richieste di ammortizzatori. A questo si aggiungono i 9 mila addetti dell’edilizia, settore da anni tra i più martoriati, che ha avanzato 1.350 domande. Per l’industria chimica, tessile, gomma plastica, energia, sono state inoltrate 355 richieste di cassa ordinaria che coinvolgono 15.800 lavoratori.
La straordinarietà del momento si legge nel settore dei trasporti e del facchinaggio. Fanno specie non solo le 6 mila unità coinvolte, ma le eccellenze che spuntano tra le 190 aziende che chiedono misure di sostegno; Sacbo, Ags Handling e Bgy I.S. Poi Atb, Sab, Sai, Teb e Autoservizi Locatelli, in pratica le colonne portanti del sistema.
Sono, invece, 2.800 le imprese artigiane ad aver richiesto per circa 11 mila lavoratori il sostegno del Fondo Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato, altri 5 mila sono i lavoratori del settore socioassistenziale ed educativo, della sanità privata e dell’igiene ambientale, e quasi 5 mila le domande avanzate dal mondo dell’istruzione privata. Altri 1.600 lavoratori interessati provengono dall’ambito della carta e grafica e altrettanti dall’agricoltura. «Va garantito il pagamento più rapido possibile di tutti gli ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa — dice Angelo Chiari della segreteria provinciale Cgil —. Per questo chiediamo che Regione Lombardia dia attuazione all’accordo nazionale con gli istituti bancari, mettendo in pagamento l’anticipazione ai lavoratori e semplificando le procedure».
Caso Lucchini
Intanto «con gradualità e limitatamente al solo soddisfacimento delle esigenze di continuità di filiere definite essenziali e strategiche» riparte da oggi Lucchini Rs, attiva nella produzione di materiale rotabile. Lo annuncia una nota dell’azienda che, dettagliando gli step (oggi riprenderà l’attività di acciaieria a passo ridotto, mentre dalla prossima settimana, sempre a turnistica ridotta, riprenderanno alcune produzioni ferroviarie di Lovere e poche altre in Lucchini Mamé, a Cividate Camuno), replica alle organizzazioni sindacali. Fim, Fiom e Uilm dell’alto Sebino hanno, infatti, proclamato ieri 11 giorni di sciopero, dal 3 al 13 aprile compresi. Con l’azienda, affermano «non è stato possibile concordare nulla, in ottica di prevenzione e tutela della salute dei lavoratori. È uno sciopero che, dopo diversi incontri e proposte di mediazione, è la soluzione unica a tutela dei lavoratori», affermano i rappresentanti sindacali. «Riaprire la Lucchini vuol dire riversare in strada e sui luoghi di lavoro centinaia di persone che sarebbe stato meglio restassero a casa e non possiamo fare finta di non sapere che questo rappresenta, non solo un errore etico, ma un enorme rischio per la nostra già provata collettività». «Purtroppo — la replica dell’azienda — le organizzazioni sindacali territoriali hanno ritenuto di non voler responsabilmente condividere una scelta difficile ma indispensabile per garantire la continuità di fornitura ai settori strategici individuati con precisione dal Decreto, insistendo strumentalmente sulla richiesta di lasciare totale discrezionalità alle persone se presentarsi volontariamente o meno al lavoro. È ovvio che tale scelta renderebbe impossibile pianificare i turni di lavoro e comporre le squadre in sicurezza».
❞ Nessun accordo con Lucchini su misure di prevenzione I sindacati
❞ Impossibile affidarsi alla discrezionalità dei lavoratori per la ripresa Lucchini Rs