I tanti lutti di Zogno, la «Nembro» della Valle Brembana
A marzo 87 morti, in tutto il 2019 erano stati sei L’allarme sul contagio partito dalla casa di riposo e poi esteso al paese, che ora prova a reagire
«Un giorno abbiamo perso cinque anziani. È stato il momento peggiore», dice Mario Belotti, direttore delle due case di riposo che l’Opera Pia ha a Zogno e Laxolo di Val Brembilla. Zogno, 9 mila abitanti, forse non è Nembro. Ma ha tanti punti in comune. Nei primissimi giorni dell’emergenza, l’allarme è partito proprio dalla casa di risposo, dove i decessi sono stati 29. Certificati Covid, 9. È stata la prima Rsa a vietare le visite, quando ancora le disposizioni regionali le consentivano.
«Non ricordo la data, ma c’è stato un giorno in cui abbiamo perso cinque anziani. Ecco, quello è stato il momento peggiore. Ho visto il medico e il personale piangere, perché si sentivano impotenti. La sera prima quei pazienti stavano discretamente e la mattina dopo erano morti». Mario Belotti, un passato in Cgil a occuparsi di Rsa, da un anno e mezzo è direttore delle due case di riposo che l’Opera Pia ha a Zogno e Laxolo di Val Brembilla. Anche sua madre è tra i 113 ospiti della prima struttura, piccola parentesi di luce in questa tragedia: è guarita a 101 anni. «Credevo che non l’avrebbe superata e invece i sintomi sono passati».
Zogno, 9 mila abitanti, forse non è Nembro. Ma ha tanti punti in comune. Come in Bassa Val Seriana è dove l’epidemia si è scatenata con giorni di anticipo rispetto al resto della provincia e i numeri dell’anagrafe comunale, oggi, sono spaventosi: a marzo, 87 morti. Nel 2019 erano stati 6. Nei primissimi giorni dell’emergenza, l’allarme è partito proprio dalla casa di risposo, dove i decessi sono stati 29, per lo più nei primi dieci giorni di marzo. Certificati Covid, 9. «Intorno al 21, 22 febbraio — ricostruisce Belotti — i medici avevano notato un numero anomalo di ospiti con la febbre e ci siamo rivolti ad Ats, che il 27 febbraio ha eseguito 21 tamponi». Anche perché, nel frattempo, era arrivata la notizia di una volontaria contagiata. Una parte degli anziani è risultata positiva. «Li abbiamo concentrati sullo stesso piano, in un’area dove il personale accedeva con maggiori protezioni». Non sono mai mancate, precisa il direttore: «Forse perché mi sono mosso in anticipo o forse perché non pretendevamo quantitativi enormi, siamo riusciti a raccogliere un buon numero di mascherine, guanti, occhiali, maschere, sovracamici. Il materiale dell’Ats lo abbiamo ricevuto da poco». Nel periodo più duro, l’assenza per malattia di una ventina di dipendenti e la quarantena forzata del responsabile sanitario Giancarlo Capelli, ora rientrato, ha complicato la situazione: «Il dottor Capelli è stato sostituito da un medico esterno, mentre il personale rimasto in servizio non ha mai fatto mancare l’assistenza e si è impegnato con grande dedizione. C’è chi ha perso i nonni, qui». Quella di Zogno è stata la prima Rsa a vietare le visite, quando ancora le disposizioni regionali le consentivano, pur contingentate. «Non è stata una scelta semplice, ma è stata presa nell’interesse di tutti. Con i parenti degli ospiti che se la sentono, grazie ai nostri educatori, abbiamo attivato le chiamate in Skype. Abbiamo un signore che si collega tutti i giorni con la moglie, giocano a dama o fanno le parole crociate insieme». Potere del cuore e della tecnologia. «Ora la situazione è stabile. Facendo gli scongiuri — chiude Belotti —, le febbri sono sparite e i militari hanno sanificato i locali».
Le squadre con i rinforzi russi hanno lavorato venerdì, anche a Laxolo, dove i lutti sono stati più contenuti (6 su 87 ospiti), e al convento delle suore di Maria Bambina nella frazione di Miragolo, dove ci sono stati 2 casi comprovati, di cui uno risolto, e 11 decessi. Fortuna che la superiora appena arrivata, suor Anna Enrica Dall’Oglio, è medico specializzata in Cardiologia. È un convento enorme, che accoglie 85 suore degenti, anziane e malate, una decina che si occupa dell’assistenza e 40 dipendenti: «Molti si sono messi in malattia, è il disagio più grosso», spiega suor Claudia Lazzarini, economa dopo una vita nella scuola. La sanificazione, qui, è stata richiesta dal
Comune, dove il sindaco Selina Odette Fedi (Lega) non ha un giorno peggiore: «È un bollettino di guerra quotidiano, fa male arrivare alla fine della giornata e scoprire chi ci ha lasciato». Ieri, è mancata un’87enne, anche se, come in Val Seriana, la curva ha frenato. «Abbiamo perso il nostro postino storico, don Umberto Tombini, il nostro mitico Franchino, un ragazzo down, d’oro — dice il sindaco —. Era il capo dei chierichetti, lo ricordo alle elementari, sua madre era la mia maestra. E poi tanti anziani e volontari». Ripensando ai primi giorni, il sindaco parla di «un momento di smarrimento. Non ci siamo resi conto subito della gravità della situazione, anche per i messaggi che ci arrivavano dall’alto».
È felice di avere annullato la sfilata di Carnevale, il 23 febbraio: «Avremmo 500 casi in più, secondo Ats». Dalle ultime tabelle della Regione il totale è di 132. «Cerco di contattare tutti quelli che sono stati dimessi o che si trovano in quarantena, per capire i loro bisogno». Ha un’anima da volontaria, da 35 anni cassiera al cinema dell’oratorio, fra le altre cose. Il centro operativo comunale, con l’assessore Giampaolo Pesenti, coordina la rete di solidarietà, che significa: un numero dedicato, più pasti a domicilio, la consegna di farmaci e spesa, ora anche di materiale scolastico, biancheria intima, pizze e piatti dei ristoranti. «Tentiamo di portare un poco di normalità», spiega Pesenti. E poi le 9 mila mascherine gratuite: «Arriveranno a tutti i cittadini. Sono state cucite da 40 sarte e sterilizzate dai nostri dentisti. Finito tutto — conclude il sindaco — sarà faticoso rialzarci, ma ce la faremo».
Ho visto il personale piangere quando abbiamo avuto 5 morti in un solo giorno Mario Belotti direttore Rsa
Subito la chiusura
C’è grande solidarietà. Le nostre sarte hanno cucito 9.000 mascherine per tutti i cittadini Selina Odette Fedi sindaco