Case di riposo, quelle ispezioni a tappeto
Le strutture: l’Ats avrebbe tolto l’accreditamento a chi chiudeva i centri diurni. La replica: tutto secondo legge
Idue centri diurni per anziani gestiti dalla Fondazione Carisma sono chiusi ormai da 40 giorni. Ma che fatica. Il direttore generale Fabrizio Lazzarini, nella giornata di ieri, non è stato contattabile, ma sta emergendo chiaramente che anche la casa di riposo di città aveva vissuto giorni convulsi, e un contrasto non facile con l’Ats, a partire da domenica 23 febbraio, quando era scattato l’allarme coronavirus con i primi tamponi positivi e i decessi. Il pensiero della direzione e del personale era andato subito ai centri diurni, le strutture per ospiti non a tempo pieno: anziani che usufruiscono dei servizi durante la giornata e poi tornano a casa la sera. Ma nel giro di ventiquattr’ore era arrivata la doccia fredda dell’Ats per tutte le case di riposo, sia in città sia in provincia, non solo per le strutture di Brignano e Cologno.
L’Agenzia di tutela della salute aveva incontrato, tra il 24 e il 25 febbraio, i rappresentanti delle tre associazioni datoriali sul territorio provinciale, che riuniscono quasi tutte le sessanta Residenze socioassistenziali bergamasche: l’Uneba (Unione degli enti benefici e assistenziali), l’Acrb (Case di riposo bergamasche) e l’Associazione San Giuseppe, che fa riferimento storicamente alla Diocesi. E a tutte e tre l’Ats aveva ribadito che i centri diurni non erano tra le strutture da chiudere, né secondo la Regione né secondo il ministero della Salute. Pena la perdita dell’accreditamento. I direttori e gli amministratori erano rimasti sbigottiti di fronte a quella presa di posizione.
Ma non solo: erano anche scattate le attività ispettive per controllare chi stesse trasgrecioè dendo, e gli accertamenti erano arrivati anche in via Gleno. Dirigenti e medici erano rimasti nell’incertezza per più di una settimana, fino a una decisione secondo coscienza: chiusura dei due centri diurni, sia quello dedicato alle persone affette da Alzheimer, in via Gleno, sia quello al Villaggio degli Sposi, per un totale di 60 utenti. Le regole, e il diktat di Ats, era quindi stato rispettato ma fino a un certo punto. E lo stesso era successo anche per due settimane in altre strutture del territorio, come ha ricordato ieri il presidente di Acrb Claudio Maffeis: «Ma non so quanto siamo stati intelligenti». Il timore di sbagliare non mancava: su circa 40 Rsa che gestiscono anche un centro diurno, gli ispettori erano arrivati in una trentina di strutture, proprio per evitare lo stop. Controlli a tappeto, quindi, che non avevano risparmiato quasi nessuno. Perché non bisognava chiudere, erano le regole in quella fase.
L’Agenzia di tutela della salute ha specificato ieri di aver sempre rispettato gli indirizzi regionali per mantenere la continuità dei servizi e di essersi mossa sempre rispondendo «al dettato normativo degli organismi superiori, con disposizioni che sono mutate nel tempo a causa del mutare del panorama epidemiologico e di diffusione del virus, che ha avuto un’evoluzione inizialmente non prevedibile». Fino all’esplosione dell’emergenza, quindi, non c’era un allarme sui centri diurni integrati, frequentati esclusivamente da anziani che poi circolano nelle case e sul territorio. Poi la linea è cambiata.
Nuovi dati, intanto, dalla Regione Lombardia, sulla diffusione del contagio in provincia di Bergamo: i pazienti positivi sono 273 in più, per un totale di 9.558, i deceduti altri 86, in tutto 2.378. Ma per il quarto giorno consecutivo i tamponi eseguiti in tutta la regione sono aumentati di quasi settemila, contro la metà circa dei periodi precedenti. Continua, in parte, la discesa. Ma l’emergenza resta.
I controlli Le attività ispettive avevano interessato circa trenta Residenze per anziani
❞ Ci siamo attenuti al dettato normativo degli organismi superiori, con disposizioni che sono mutate nel tempo a causa del mutare del panorama epidemiologico
Ats Bergamo