Corriere della Sera (Bergamo)

«La mia fiaba dedicata alla gente che non si piega mai»

Bertolino dà voce alla fiaba di Panseri: una disgrazia proprio dove la gente è più forte

- www.fiabeperdi­re.com, sta’ su de doss, Rosanna Scardi

Il cappellino fatto con i fogli di giornale e la cazzuola in mano. Elvio Paramatti, il muratore creato da Enrico Bertolino, dà voce, in un filmato, diffuso sui social, a «Forza Bergamo», la fiaba, scritta da Marcella Panseri. Il personaggi­o, disperato per il tempo trascorso senza lavorare, legge l’inizio del racconto: «C’era una volta una città di nome Bergamo. Era una città famosa perché i suoi abitanti si alzavano all’alba ed erano grandi lavoratori. Avevano una parlata che pochi capivano, dicevano “pota” in ogni frase, e non erano fra le persone più aperte del mondo ma, una volta conquistat­i, li avevi accanto per la vita. Tutto funzionava in questa Bergamo e nei paesi vicini. Si viveva bene. Un giorno arrivò un mostro che aveva 19 vite. Si chiamava Covid». Per chi volesse conoscere il finale, il testo si trova su

mentre la stamperia GiZeta di Nembro ha scelto di distribuir­la gratis nel suo comune.

Bertolino, quando e come è nato il suo attaccamen­to per Bergamo?

«Nei primi anni ’90, facendo i corsi di formazione nella vostra provincia. Mi mettevo in macchina e, alle 7 del mattino, vedevo i Transit dei muratori già in giro. Iniziavano e finivano prima, ma in realtà non smettevano mai, perché sposavano le figlie dei colleghi. E, così, nel fine settimana tiravano su una casa. La loro operosità e concretezz­a ha ispirato il mio Paramatti. E, come per il terremoto in Friuli, la disgrazia si è abbattuta come un titano laddove la gente è più forte. È vero quando si dice che a Bergamo si piegano solo per allacciars­i le scarpe. Sono i vichinghi d’Italia e il loro Valhalla è il lavoro».

Si riferisce all’ospedale da

campo costruito in fiera?

«Eccome, e senza pubblicità. Accanto agli alpini e agli artigiani c’erano gli ultrà dell’Atalanta: quando li hanno visti all’opera si sono spaventati anche i russi. I bergamasch­i sanno mettere le mani in pasta».

Nel leggere la fiaba, a un certo punto si ferma e rimanda al sito, perché?

«Ho usato la mia arte,

l’umorismo, che però può avere delle scivolate. Va ben dosato in un momento come questo. Ci sono tanti modi per usarlo: stando sulla soglia, mettendo una mano o un piede dentro. Ho preferito la prima opzione».

A un certo punto sua figlia, Sofia, 11 anni, la sgrida, dicendo: «Papi, non si capisce niente».

«Non sono bravo come Dario

Fo nell’usare il grammelot, una sorta di lingua miscelata, fatta di gesti e suoni. La verità è che egiziani e marocchini, nei cantieri, si capiscono benissimo con i bergamasch­i perché hanno gli stessi suoni gutturali».

Con chi e come sta passando la reclusione?

Vivo con mia mamma che ha 89 anni e tengo super controllat­a, la mia compagna, brasiliana, che si collega a distanza con i familiari, mia figlia che segue i collegamen­ti a scuola. Passo il tempo scrivendo un libro sulla quarantena, che uscirà per Solferino».

La fiaba Forza Bergamo esorta a combattere il proprio egoismo per vincere il mostro Covid.

«Sarebbe l’ideale. Ma credo che chi ha sempre fatto il furbo non cambierà. Prendiamo ad esempio un evasore fiscale: anche se i medici hanno salvato lui o un parente dal Coronaviru­s, non credo si metterà a pagare le tasse. Però, in compenso, faremo nostro il motto stammi lontano. Forse saremo più rispettosi e educati al

L’esempio di laboriosit­à bergamasca con l’ospedale alla fiera: quando vi hanno visti all’opera si sono spaventati pure i russi

Credo che nemmeno la disgrazia del coronaviru­s cambierà la gente: chi ha sempre fatto il furbo, continuerà a esserlo

A emergenza finita «Tornerò in Val Seriana e faremo ripartire la betoniera dell’umorismo»

ristorante o nel fare la fila».

E, poi, si spera riaprano presto i teatri.

«Mi riprometto di tornare con uno spettacolo in Val Seriana, a Nembro o Alzano. Elvio da solo non può sostenere uno show, perché è una macchietta. Troveremo il modo per far ripartire tutti insieme la betoniera dell’umorismo».

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