Corriere della Sera (Bergamo)

La strage nelle case di riposo

A Scanzo 75 morti. La direttrice di Vertova: sui centri diurni servì coraggio per chiuderli

- Di Armando Di Landro

L’economo della Curia don Mario Carminati, presidente della Fondazione, parla di situazione difficile e affrontata in ogni modo, ma senza riuscire a contenere la tragedia: 75 morti, solo a marzo, alla casa di riposo di Scanzorosc­iate. E le Rsa, in una situazione già difficile a fine febbraio, si ritrovaron­o anche a lottare con l’Ats per poter chiudere i centri diurni. «Servì coraggio», come dice la direttrice della casa di riposo di Vertova.

Il prezzo pagato dalle Residenze socio-assistenzi­ali in provincia di Bergamo è altissimo: la stima di seicento deceduti, di una decina di giorni fa, rischia di peggiorare. Drammatici i numeri della casa di riposo di Scanzorosc­iate, della Fondazione Pia Piccinelli, controllat­a dalla Curia di Bergamo: una struttura con 195 posti letto accreditat­i e circa 220 ospiti in tutto, con un piano extra per i sacerdoti. Nel solo mese di marzo i decessi sono stati 73, contro una ventina, in tutto, degli anni precedenti: 39 erano pazienti che risiedevan­o in paese, 34 invece dai Comuni limitrofi, o preti. «Mi sconvolge pensare di aver fatto tutto il possibile e di aver osservato ogni tipo di norma di sicurezza finendo però in una situazione così tragica — dice don Mario Carminati, presidente della Fondazione ed economo della Curia —. Nonostante provvedime­nti molto ferrei, con chiusure al pubblico anche in anticipo sui decreti e le delibere, si è delineato un quadro difficile, pagato dalle persone più fragili: quella di Scanzorosc­iate è una casa di riposo inserita in uno dei territori dove il contagio è stato più grave e l’impossibil­ità di fare i tamponi non ha certo aiutato». Ora l’allarme sembra parzialmen­te rientrato. «Abbiamo sanificato la struttura anche prima che arrivasse l’esercito — conclude don Carminati —. Spero che l’emergenza rientri per tutti, nel frattempo abbiamo messo a disposizio­ne una struttura separata dal resto della Rsa, per i pazienti Covid-19, su richiesta dell’Ats». Un tema toccato ieri anche dall’assessore regionale Giulio Gallera: «Basta fake news, non abbiamo imposto a nessuna Rsa di accogliere persone affette da coronaviru­s. Lo fanno solo quelle strutture che sono d’accordo e hanno a disposizio­ne padiglioni separati».

Il vero scontro sulle Residenze socio-assistenzi­ali, a Bergamo, riguarda però tutt’altro. E cioè i centri diurni, gestiti dalle stesse case di riposo e caratteriz­zati da un viavai di anziani quotidiano. Fino all’8 marzo, quando era intervenut­o un nuovo decreto del governo, l’indirizzo della

Regione era di tenerli aperti. E ai direttori delle case di riposo, almeno alla maggior parte di loro, era sembrata una linea assurda. «Mi ricordo che nel tardo pomeriggio del 23 febbraio, quando sono arrivate le prime notizie sui contagiati all’ospedale di Alzano, ho accompagna­to personalme­nte i parenti dei nostri ospiti fuori dalla Rsa — racconta Melania Cappuccio, direttrice alla Fondazione Cardinal Gusmini di Vertova —. Il giorno dopo abbiamo deciso di chiudere la casa di riposo a qualsiasi accesso dall’esterno, dotando il personale di mascherine e provando la temperatur­a corporea agli operatori. Ed è invece del 25 la nota con cui l’Ats ci diceva che dovevamo tenere aperti una serie di servizi, come il centro diurno».

Un monito — ribadito poi dall’Agenzia anche alle associazio­ni che raggruppan­o le case di riposo — che aveva messo in allarme le direzioni e i consigli di amministra­zione sul territorio. Il mercoledì di quella prima settimana di emergenza per la Bergamasca, due utenti arrivati al centro diurno di Vertova erano stati rimandati a casa subito, entrambi avevano la tosse. Ma con molta rapidità, già venerdì 28, l’Ats aveva inviato un ispettore, che doveva verificare perché il Cdi fosse chiuso. Era formalment­e aperto, ma i familiari degli utenti, d’accordo con la direzione, avevano tenuto tutti a casa.

«Sono stati giorni difficili ricorda Cappuccio —. È difficile far capire la realtà a chi non la vive, quindi ci siamo opposti il più possibile a quella situazione. Non solo ci dicevano di tenere aperto, ma mettevano in discussion­e l’accreditam­ento delle strutture: avevamo anche una spada di damocle sulla testa. E c’è voluto coraggio per andare avanti con una chiusura di fatto». A Vertova i decessi sono stati 21, su 82 ospiti. Oggi l’accesso alle Rsa è bloccato, nessun nuovo paziente. «È giusto chiuderle probabilme­nte — conclude Cappuccio —. Ma proprio adesso che sul territorio ci sono stati molti lutti e probabilme­nte ci sono molti più anziani rimasti da soli? Non ne sono così convinta».

I fatti Fino all’8 marzo i centri diurni erano tra le strutture che dovevano restare aperte

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La Rsa della Fondazione Pia Piccinelli di Scanzorosc­iate
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La casa di riposo della Fondazione Pia Piccinelli in via Adelasio a Scanzo. I posti letto accreditat­i sono in tutto 195, gli ospiti complessiv­i 220
Il luogo La casa di riposo della Fondazione Pia Piccinelli in via Adelasio a Scanzo. I posti letto accreditat­i sono in tutto 195, gli ospiti complessiv­i 220
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