«Non ho ucciso io Errico» Il video interrogatorio del dipendente del prof
La difesa: non è mai scappato, faremo il Riesame
Uno schermo e cinque volti. L’arrestato, l’avvocato, il gip, il pm e l’interprete. Con il Covid-19 l’interrogatorio di garanzia di Surinder Pal, per l’omicidio del professore Cosimo Errico, è durato tre quarti d’ora di videoconferenza. Lui dal carcere, gli altri dai rispettivi uffici (con il gip, il cancelliere e l’interprete).
Non ha voluto rispondere alle domande, si è limitato alle dichiarazioni spontanee: «Non sono stato io, quel giorno l’ho salutato alle 5 e, come sempre, sono tornato a casa in bicicletta con il mio amico. Ho fatto la doccia e sono andato a dormire». L’amico è indagato per favoreggiamento: sapeva, secondo le indagini dei carabinieri, e l’ha coperto. Era il 3 ottobre del 2018, vivevano a Casazza e ci sono rimasti. Hanno solo cambiato lavoro, dopo il delitto nella «Cascina dei fiori» di Entratico dove Errico, 58 anni, professore dell’istituto Natta di Bergamo, aveva allestito una fattoria
❞ Quel giorno ho salutato il mio titolare e sono andato a casa con il mio amico, in bici, come sempre alle 5. Ho fatto la doccia e sono andato a dormire Surinder Pal In carcere
didattica. Lì tagliavano l’erba, sistemavano, pulivano. Sono passati a lavare automobili a un distributore di benzina.
Per la difesa, il fatto che Pal non si sia mai allontanato va nella direzione opposta delle esigenze cautelari. L’avvocato Michele Agazzi ha chiesto una misura meno afflittiva del carcere che il gip Massimiliano Magliacani ha respinto.
Avrebbe sorpreso il contrario nell’interrogatorio di garanzia in cui, salvo colpi di scena difensivi, difficilmente il giudice che ha firmato l’ordinanza smentisce se stesso. «Sapeva di essere indagato, o comunque sospettato, dopo essere stato convocato quattro volte dai carabinieri e aver ricevuto gli atti degli accertamenti tecnici irripetibili sulla bicicletta — osserva il suo legale, di fiducia —. Avrebbe avuto tutto il tempo per scappare. Ricorreremo al Riesame».
Pal è in Italia da 18 anni, ma non parla una parola di italiano. In India, ha moglie e figli. Da Errico lavorava da quattro anni, per 260 euro alla settimana. I soldi e lo stato di vita personale, secondo il pm Carmen Santoro e il gip, sono alla base di movente. Fosse così, si tratterebbe di un furtarello. Nemmeno il primo, secondo alcune testimonianze. L’ordinanza cita, per esempio, alcuni soldi spariti dalla busta consegnata da una maestra che aveva accompagnato delle classi in visita alla cascina. O il furto di un cellulare di cui lo stesso professore si era lamentato, pensando a Pal. Che dalle carte emerge essere una persona «scontrosa e priva di freni inibitori, essendo dedito alla commissione di furti e all’uso di alcol». Ieri mattina, al suo avvocato che è andato a fargli visita in carcere (con medico e questionario all’ingresso, e mascherina) prima dell’interrogatorio virtuale dall’ufficio è apparso «sofferente e dimesso». Senza un interprete, lì non ha potuto confrontarsi con lui.
Secondo l’accusa, è l’assassoino per quattro indizi principali. Chi ha ucciso conosceva bene i luoghi: ha staccato la corrente prima di andarsene, come era abitudine del proprietario e dei suoi aiutanti. É andato dritto al contatore e al magazzino, dove c’era la benzina con cui ha dato fuoco al corpo, dopo 23 coltellate: lo indicano le orme (insanguinate) che tracciano dei percorsi precisi.
Le scarpe, appunto. La suola ha lasciato sul pavimento la marca,Carrera: tra 700 venduti tra Brescia e Bergamo, un paio era stato acquistato dalla moglie di Errico. «Le ha regalate a uno dei suoi dipendenti indiani», aveva riferito. Perché, allora, proprio Pal? Il nodo sono le intercettazioni con il suo coinquilino, tradotte in modi diversi: «ammazzo anche lui», riferendosi forse all’interprete atteso in caserma, o «la prossima volta non uccido». E l’amico, sull’autobus lo accusa: «Non dovevi uccidere, è stata colpa tua».