«Il mio docufilm sulla lotta in quarantena»
Il materiale digitale raccolto dal regista Bini con le testimonianze di persone comuni
Prima si raccoglie il materiale per un archivio della memoria affinché foto e video di Bergamo durante la pandemia non si disperdano nella vastità dei social. Poi lo si trasforma in racconto cinematografico attraverso il linguaggio del docufilm. Queste le modalità e le finalità del progetto, ideato dal regista bergamasco Matteo Bini, classe 1983, con base a Londra. Insieme a un gruppo di professionisti ha aperto il sito dentrolemurabergamo.it dove invita a caricare i contenuti digitali di chiunque voglia prendere parte all’iniziativa che porterà alla realizzazione del suo lungometraggio.
A Londra
Il filmaker è volato in Inghilterra nel 2011 per studiare alla National Film and Television School di Beaconsfield, la più prestigiosa del Paese, decidendo di restare. I suoi genitori vivono a Presezzo e il fratello ad Albino, in piena zona rossa. Dunque, le notizie gli sono sempre arrivate da lontano. «Percepivo la gravità della situazione e mi preoccupavo, ma poi cercavo di guardare con distacco, all’inizio c’era anche chi scherzava e faceva ironia sulla quarantena — racconta Bini —. Poi sono stato inondato da messaggi e vocali, tutti mi chiedevano come stesse la mia famiglia, all’improvviso non ero più l’italiano, ma il bergamasco, che veniva dall’epicentro dell’incubo. La mia città era sulla bocca di tutti, un caso emblematico a cui si guardava con apprensione e con un certo fascino macabro da spettatore, pensando che, altrove, non sarebbe mai accaduto. Non potevo tornare a casa, ma dovevo fare qualcosa».
Premio Oscar
contenuti digitali senza limiti di tempo. Da qui, il vastissimo materiale raccolto.
Vita quotidiana
«È una scommessa, ma la forza delle testimonianze è notevole — anticipa il filmaker —. La maggioranza sono volontari. Uno di loro, mi ha commosso. Si chiama Tommaso e si è filmato mentre faceva la spesa. Una volta conclusa la sua buona azione, è andato sul tetto di casa e si è bevuto una birra. Era solo e, mentre mi parlava, ha sbattuto la lattina sullo schermo del telefonino dicendo “cin cin”, segno che si era creato un legame tra lui e me che lo ascoltavo. Ci sono anche Chiara e Ginevra, due amiche di vecchia data, simpaticissime, la seconda vive in Cina e, ironia della sorte, è rimasta bloccata proprio a Bergamo, si ritrovano a fare le consegne insieme in auto».
Testimonianze
La voglia di raccontarsi è tanta. Molti stanno vivendo la battaglia sulla propria pelle, combattono negli ospedali e nei luoghi di cura. Altri danno sfogo al dolore e alla sofferenza per aver perso un proprio caro e al dramma di non poter lavorare. In molti, però, c’è la speranza, hanno voglia di reagire, di guardare avanti. Matteo Bini è in contatto quotidiano con il suo team da Londra. «Resto qui, siamo indietro di due o tre settimane rispetto all’Italia, rientrerò in estate sperando che le temperature siano nemiche del Covid-19, nel frattempo lavoro da casa, in un isolamento più soft, per evitare che tutto questo venga dimenticato», conclude.
L’ideatore «È una scommessa, ma la forza delle testimonianze è notevole»