CHIAREZZA, NON GIOCHINI POLITICI
Il veto della Lega ha impedito per il momento la nomina di Jacopo Scandella, unico bergamasco (e della Val Seriana) eleggibile, alla presidenza della commissione d’inchiesta del Consiglio regionale sull’epidemia. L’opposizione ha perso nella votazione di mercoledì un paio di pezzi (Italia Viva e +Europa), ma insisterà su un nome che al di là dell’appartenenza politica rappresenta il territorio più colpito dal virus. La versione ufficiale dei leghisti, rappresentati in commissione per altro da Roberto Anelli, ex sindaco di Alzano, è che non voteranno un consigliere dem, perché nei giorni scorsi il Pd aveva tentato — fallendo — di sfiduciare l’assessore al Welfare Giulio Gallera (Forza Italia). Lo stallo è serio, perché il candidato alla presidenza lo può scegliere solo la minoranza, ma poi servono i voti della maggioranza. Una premessa: in Italia e, per i pochi precedenti, in Lombardia difficilmente questo tipo di commissioni porta a chiarire vicende controverse e gravi. E nulla da decenni è stato grave e controverso come l’epidemia. Ma è altrettanto vero che le istituzioni hanno il dovere di provare a capire ciò che è successo. Ci sono di mezzo almeno 6.000 morti nella provincia di Bergamo, tanti dei quali in Val Seriana, e già solo per questo è imbarazzante che si condizioni la commissione d’inchiesta a giochini visti mille volte per questioni ben più prosaiche. Il punto non è Scandella e non è il Pd, il punto è il territorio che merita un’attenzione in più e se la Lega non se ne rende conto probabilmente significa che sta perdendo il contatto con la realtà.
Dice Nando Pagnoncelli che se Matteo Salvini ha perso consenso durante il lockdown è perché la fase non è propizia a chi mina il clima di coesione. E la vicenda Scandella forse ne è un esempio. In Bergamasca si aggiunge un altro problema. La risposta sanitaria — dal focolaio all’ospedale di Alzano alla medicina di base travolta — non è stata in grado di evitare migliaia di morti. Ora si tratta di vedere se la Lega sia intenzionata a capire cosa non abbia funzionato e chi abbia sbagliato. Anche tra i direttori generali che la Lega stessa ha nominato in questo o quell’ospedale e nelle varie Ats. Oppure si può continuare con la linea per cui ogni domanda e critica vengono bollate come «fango contro la Lombardia». Una posizione che non regge, tanto meno oggi quando ci sarebbe il tempo per fare scelte ragionate — ad esempio sui test — e invece gli errori e i ritardi continuano a sommarsi. Davvero chi ha responsabilità istituzionali — consiglieri regionali, parlamentari — intende andare avanti così, senza entrare nel merito delle responsabilità? E la Lega pensa che i suoi stessi elettori accetteranno un sostanziale silenzio sulla vicenda, per ragioni di bandiera e perché la Regione è il fortino personale di Salvini? Sono troppi quelli che hanno perso parenti e amici, perché anche gli elettori leghisti non sentano un diffuso bisogno di capire e di sapere che verranno presi provvedimenti. Proprio come tanti elettori di sinistra non potranno dimenticare la mancata decisione della zona rossa da parte del governo Conte, così non si potrà dimenticare che la Regione a guida leghista non ha saputo tutelare gli anziani nelle Rsa né impostare una strategia di contenimento basata sui tamponi. Pensare che avere o meno un nome del Pd alla guida della commissione d’inchiesta influisca su queste esigenze è, nel migliore dei casi, una grossa ingenuità. I leghisti per primi chiedano chiarezza, senza manovre che non interessano a nessuno che non viva di politica: lo meritano i bergamaschi che, più di tutti, da sempre credono nella Lega.