Corriere della Sera (Bergamo)

Locali divisi sulla ripartenza I parrucchie­ri non vedono l’ora

C’è chi invita a non riaprire, altri aspettano la Regione Acconciatu­re, si pensa al lavoro su appuntamen­to: ci dicano almeno la distanza da tenere tra le poltrone

- di Donatella Tiraboschi

Il commercio è diviso, soprattutt­o tra i settori più colpiti. Tutti vorrebbero ricomincia­re, tra i bar e i negozi di barbieri e parrucchie­ri, o estetistic­i. Ma ora non c’è un punto di vista univoco sulla possibilit­à che la Regione Lombardia decida di riaprire tutto e in anticipo. In alcuni locali i gestori invitano i loro colleghi a restare chiusi e a non avere fretta. Tra i parrucchie­ri, soprattutt­o, c’è chi pensa a soluzioni alternativ­e che potrebbero però restare operative, per esempio un incremento dei clienti su appuntamen­to, anche per evitare le code all’ingresso.

«Il consiglio che dò ai colleghi è di stare chiusi». Nel pieno dell’incertezza frenetica per l’attesa riapertura delle attività commercial­i e degli esercizi pubblici, è la voce di Francesco Pappi, titolare del pub Sant’Orsola, a levarsi con toni molto contrariat­i. E parecchio cupi. Il via libera della Regione agli esercizi che saranno in grado di garantire le condizioni di sicurezza, a partire dal prossimo 18 maggio, dai negozi ai bar, dai ristoranti ai parrucchie­ri e centri estetici, vede gli operatori divisi sul da farsi. C’è chi ha (già) fatto e chi no. E chi, come lui, dice no. «A prepararmi non ci penso nemmeno — prosegue Pappi, il cui noto locale in pieno centro conta 100 posti a sedere —, aprire significhe­rebbe passare dalla padella alla brace. Non si va da nessuna parte. Bergamo nei prossimi mesi si ritroverà senza turisti, una città ambientata e caratteriz­zata da un clima di terrore. I locali pubblici sono sinonimo di vitalità e festa, ma mi chiedo con quale spirito si possa pensare di frequentar­li e di divertirsi muniti dei dispositiv­i di sicurezza. Uno, piuttosto che andarci così, ci rinuncia. Chi, dei miei colleghi, ha aperto per il delivery e il take away sta solo facendo debiti che si aggiungono a debiti. Finché non ci saranno le condizioni per riaprire senza limitazion­i, non c’è altro da fare che restare chiusi». Quella di Pappi resterà, molto probabilme­nte, come una voce nel deserto (commercial­e), anche se altri esercenti non hanno ancora preso misure in attesa di capire: «Aspettiamo di sapere cosa fare dalle direttive regionali — affermano dal bar Colleoni — per capire anche solo se la gente potrà sedersi sui tavolini esterni, senza che sia considerat­o un assembrame­nto. Non c’è ancora chiarezza sulle regole, neppure sul distanziam­ento dei tavolini».

Se Sparta piange, Atene non ride. Da città bassa a quella alta, anche se al Tasso di Piazza Vecchia, Marcello

❞ Non apro. Nei prossimi mesi non ci saranno turisti, chi fa delivery sta solo facendo debiti Francesco Pappi Pub Sant’Orsola

Menalli fa trasparire un pizzico di ottimismo: «È quel poco che mi è rimasto — afferma —. Ripartiamo con una riduzione di 30 posti a sedere all’interno sui 60 di cui disponevam­o, sperando che si possa occupare un po’ più di spazio all’esterno della piazza. Abbiamo acquistato per tempo tutti i dpi, anche se i guanti li usavamo già. I menù, sia del ristorante che del bar, saranno visibili solo con il Qr code, e i plexiglass fungeranno da separé. Il personale verrà controllat­o ogni giorno con il termoscann­er. Ho nove dipendenti e li tengo tutti perché hanno famiglia. Prepariamo­ci ad accogliere la gente con il sorriso, perché la nostra clientela lo merita». Sulla Corsarola, Manuela Carenini, titolare della storica Latteria della zia, allarga le braccia: «La metratura del mio locale consente l’ingresso di una sola persona alla volta, con due persone a sedere contro le 15 precedenti. C’è poco da fare, guanti, mascherina, gel igienizzan­te e via. Purtroppo è un disastro». «A trovarli, i guanti e le mascherine!», controbatt­e Giorgio Beltrami, patron dello storico Caffè Centrale di Lovere. «Abbiamo disinfetta­to ogni minimo angolo del locale che, in base al distanziam­ento, vede più che dimezzati i tavoli da 53 a 25. Alla base della riapertura c’è tutto un ripensamen­to dell’organizzaz­ione, ma non sappiamo dire come sarà. Penso anche solo al personale che dovrà essere impiegato nel tenere distanziat­e le persone in fila per il gelato. È un futuro tutto da costruire».

E da inventare, nel vero senso della parola. Basta chiedere a Fiorenzo Algeri, il barbiere storico di via Paleocapa in città, autore di una pensata fantasiosa: «Se avrò il permesso, impianterò nella piazzetta privata, a pochi metri dal negozio, una postazione all’aria aperta. Sarò il primo parrucchie­re dehors della città. Quanto all’interno del negozio, mi favorisce la possibilit­à di avere due piani a disposizio­ne».

Giancarlo Baggi, in via Masone, lavora già su appuntamen­to: «Siamo abituati a ricevere un cliente alla volta, scaglioner­emo i tempi per non avere incroci all’ingresso e alla cassa, saremo dotati di igienizzan­ti e materiali monouso. Tenendo 2 metri di distanza, secondo le linee guida dell’Inail, dovremmo disporre di 2 o 3 operatori. E quando faremo la barba, oltre alla mascherina useremo la visiera in plexiglass. Non vedo l’ora di ripartire».

«Mai lavorato su appuntamen­to — ammette Guglielmo Mangili, parrucchie­re per donna e pluri campione mondiale con attività a Bonate Sopra — ma credo sia il minimo dei problemi. Molti presidi, dai guanti agli igienizzan­ti, la nostra categoria li usava già prima della pandemia. Però sarebbe bello se ci dicessero quanti metri di distanza si devono tenere da una poltrona all’altra».

❞ Gestiremo i tempi per non avere incroci all’ingresso e alla cassa, saremo dotati di igienizzan­ti e materiali monouso Giancarlo Baggi Parrucchie­re

50 per cento la riduzione dei posti che i locali pubblici devono affrontare a causa del distanziam­ento

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