Locali divisi sulla ripartenza I parrucchieri non vedono l’ora
C’è chi invita a non riaprire, altri aspettano la Regione Acconciature, si pensa al lavoro su appuntamento: ci dicano almeno la distanza da tenere tra le poltrone
Il commercio è diviso, soprattutto tra i settori più colpiti. Tutti vorrebbero ricominciare, tra i bar e i negozi di barbieri e parrucchieri, o estetistici. Ma ora non c’è un punto di vista univoco sulla possibilità che la Regione Lombardia decida di riaprire tutto e in anticipo. In alcuni locali i gestori invitano i loro colleghi a restare chiusi e a non avere fretta. Tra i parrucchieri, soprattutto, c’è chi pensa a soluzioni alternative che potrebbero però restare operative, per esempio un incremento dei clienti su appuntamento, anche per evitare le code all’ingresso.
«Il consiglio che dò ai colleghi è di stare chiusi». Nel pieno dell’incertezza frenetica per l’attesa riapertura delle attività commerciali e degli esercizi pubblici, è la voce di Francesco Pappi, titolare del pub Sant’Orsola, a levarsi con toni molto contrariati. E parecchio cupi. Il via libera della Regione agli esercizi che saranno in grado di garantire le condizioni di sicurezza, a partire dal prossimo 18 maggio, dai negozi ai bar, dai ristoranti ai parrucchieri e centri estetici, vede gli operatori divisi sul da farsi. C’è chi ha (già) fatto e chi no. E chi, come lui, dice no. «A prepararmi non ci penso nemmeno — prosegue Pappi, il cui noto locale in pieno centro conta 100 posti a sedere —, aprire significherebbe passare dalla padella alla brace. Non si va da nessuna parte. Bergamo nei prossimi mesi si ritroverà senza turisti, una città ambientata e caratterizzata da un clima di terrore. I locali pubblici sono sinonimo di vitalità e festa, ma mi chiedo con quale spirito si possa pensare di frequentarli e di divertirsi muniti dei dispositivi di sicurezza. Uno, piuttosto che andarci così, ci rinuncia. Chi, dei miei colleghi, ha aperto per il delivery e il take away sta solo facendo debiti che si aggiungono a debiti. Finché non ci saranno le condizioni per riaprire senza limitazioni, non c’è altro da fare che restare chiusi». Quella di Pappi resterà, molto probabilmente, come una voce nel deserto (commerciale), anche se altri esercenti non hanno ancora preso misure in attesa di capire: «Aspettiamo di sapere cosa fare dalle direttive regionali — affermano dal bar Colleoni — per capire anche solo se la gente potrà sedersi sui tavolini esterni, senza che sia considerato un assembramento. Non c’è ancora chiarezza sulle regole, neppure sul distanziamento dei tavolini».
Se Sparta piange, Atene non ride. Da città bassa a quella alta, anche se al Tasso di Piazza Vecchia, Marcello
❞ Non apro. Nei prossimi mesi non ci saranno turisti, chi fa delivery sta solo facendo debiti Francesco Pappi Pub Sant’Orsola
Menalli fa trasparire un pizzico di ottimismo: «È quel poco che mi è rimasto — afferma —. Ripartiamo con una riduzione di 30 posti a sedere all’interno sui 60 di cui disponevamo, sperando che si possa occupare un po’ più di spazio all’esterno della piazza. Abbiamo acquistato per tempo tutti i dpi, anche se i guanti li usavamo già. I menù, sia del ristorante che del bar, saranno visibili solo con il Qr code, e i plexiglass fungeranno da separé. Il personale verrà controllato ogni giorno con il termoscanner. Ho nove dipendenti e li tengo tutti perché hanno famiglia. Prepariamoci ad accogliere la gente con il sorriso, perché la nostra clientela lo merita». Sulla Corsarola, Manuela Carenini, titolare della storica Latteria della zia, allarga le braccia: «La metratura del mio locale consente l’ingresso di una sola persona alla volta, con due persone a sedere contro le 15 precedenti. C’è poco da fare, guanti, mascherina, gel igienizzante e via. Purtroppo è un disastro». «A trovarli, i guanti e le mascherine!», controbatte Giorgio Beltrami, patron dello storico Caffè Centrale di Lovere. «Abbiamo disinfettato ogni minimo angolo del locale che, in base al distanziamento, vede più che dimezzati i tavoli da 53 a 25. Alla base della riapertura c’è tutto un ripensamento dell’organizzazione, ma non sappiamo dire come sarà. Penso anche solo al personale che dovrà essere impiegato nel tenere distanziate le persone in fila per il gelato. È un futuro tutto da costruire».
E da inventare, nel vero senso della parola. Basta chiedere a Fiorenzo Algeri, il barbiere storico di via Paleocapa in città, autore di una pensata fantasiosa: «Se avrò il permesso, impianterò nella piazzetta privata, a pochi metri dal negozio, una postazione all’aria aperta. Sarò il primo parrucchiere dehors della città. Quanto all’interno del negozio, mi favorisce la possibilità di avere due piani a disposizione».
Giancarlo Baggi, in via Masone, lavora già su appuntamento: «Siamo abituati a ricevere un cliente alla volta, scaglioneremo i tempi per non avere incroci all’ingresso e alla cassa, saremo dotati di igienizzanti e materiali monouso. Tenendo 2 metri di distanza, secondo le linee guida dell’Inail, dovremmo disporre di 2 o 3 operatori. E quando faremo la barba, oltre alla mascherina useremo la visiera in plexiglass. Non vedo l’ora di ripartire».
«Mai lavorato su appuntamento — ammette Guglielmo Mangili, parrucchiere per donna e pluri campione mondiale con attività a Bonate Sopra — ma credo sia il minimo dei problemi. Molti presidi, dai guanti agli igienizzanti, la nostra categoria li usava già prima della pandemia. Però sarebbe bello se ci dicessero quanti metri di distanza si devono tenere da una poltrona all’altra».
❞ Gestiremo i tempi per non avere incroci all’ingresso e alla cassa, saremo dotati di igienizzanti e materiali monouso Giancarlo Baggi Parrucchiere
50 per cento la riduzione dei posti che i locali pubblici devono affrontare a causa del distanziamento