Corriere della Sera (Bergamo)

Il 27enne guarito dai russi in Fiera

Mauro, 27 anni, il paziente più giovane curato in Fiera

- di Maddalena Berbenni

Mauro Poleni, di Paladina, è il paziente più giovane curato al presidio del Papa Giovanni in Fiera anche grazie ai medici russi. Si è ripreso da dieci giorni di coma e ora è a casa.

Il momento peggiore, paradossal­mente, è stato il risveglio. «Credevo di avere dormito pochi giorni, invece ne erano passati dieci: allora mi sono reso conto di quanto fosse grave la situazione».

Mauro Carlos Poleni ha 27 anni e, con un coetaneo, è il più giovane tra i pazienti dimessi dall’ospedale in Fiera con l’aiuto dei medici e degli infermieri militari russi. Anche degli interpreti: «Quando mi hanno comunicato che sarei stato curato da loro, il primo pensiero è stato: adesso come ci parlo con questi? Credevo di dover usare l’inglese, invece c’erano gli interpreti, alcuni molto bravi e umani. Con uno ci siamo messi a parlare di musica, una sera. Piccole cose che ti tolgono quel lato militare». E aiutano a portare la mente altrove. A Paladina, dove vive con i genitori, Mauro c’è tornato il primo maggio, lui che di lavoro fa il tecnico dello spettacolo, tra le categorie per le quali la ripresa sarà più complicata. «Sto aspettando la cassa integrazio­ne, ma soprattutt­o di ripronto prendermi — dice al telefono —. Anche se ci fosse il lavoro, non ce la farei». La malattia ha lasciato strascichi non proprio leggeri, come una nevralgia alla gamba e al piede sinistro, che lo tiene sveglio la notte. Era quella del 22 marzo quando è arrivato al Papa Giovanni. «Avevo avuto i primi sintomi il 15 e il 16 marzo ero stato visitato dal medico di base, che mi aveva dato le solite cose: antibiotic­o, tachipirin­a. Ma dopo una settimana non c’erano migliorame­nti e, quando la saturazion­e è scesa a 70, la guardia medica ha chiamato l’ambulanza». In soccorso erano i giorni più bui. «Avevo davanti a me un signore anziano che non ce l’ha fatta. È stato abbastanza traumatico, anche se in quel momento mi ha come spronato a non lasciarmi andare». Ed è iniziato il cammino. Il casco c-pap, la maschera, il cocktail di farmaci, «tra cui uno sperimenta­to in Cina. Miglioravo, ma, appena tolta la c-pap, è subentrata una complicazi­one per la forte tosse, uno pneumotora­ce. Mi hanno dovuto intubare».

Ricorda il momento che ha preceduto la sedazione. «Il medico è stato molto bravo a calmarmi. Mi ha detto che non ero così grave e che mi sarei fatto una bella dormita. In effetti, venivo dalla c-pap e faticavo a riposare. Tenerla una settimana è dura, ero stressato, sentivo il bisogno di dormire. Certo, prima di addormenta­rti, ti chiedi come andrà a finire. Io ho solo detto di salutare i miei genitori». Ci ha parlato sempre per telefono. Come con gli amici: «Non mi sono mai sentito solo». È stato scioccante il risveglio dal coma, anche visto negli altri: «Molti anziani non capivano dov’erano e si strappavan­o tutto perché volevano andarsene. Capivi quanto la malattia incidesse su di loro». I medici russi: «Sono molto preparati. Ho avuto un episodio di forte febbre e sono intervenut­i subito, con un’operazione che di solito si esegue con il paziente sedato. Io invece ero sveglio e sbattevo per i brividi, ma ce l’hanno fatta».

Il bello era «quando arrivavano i fisioterap­isti. Il loro aiuto, per me, è stato fondamenta­le. Dopo un mese in terapia intensiva non è così facile riprendere a muoversi. Con loro parlavi del più e del meno e potevi vedere il migliorame­nto. Questo dà speranza. Finché ti dicono che i polmoni stanno guarendo, non ti rendi conto. Quando invece ho camminato per la prima volta è stata una botta di fiducia, anche perché fino a qualche giorno prima faticavo a stare seduto». La sorpresa è stata scoprire per caso due parenti tra i ricoverati: «Una cugina di mio padre e uno zio alla lontana. Per fortuna sono guariti anche loro». In famiglia, suo padre ha avuto una settimana di febbre alta, la madre era stata male a febbraio. «Nessuno dei due ha potuto fare anche solo il test sierologic­o. L’unica telefonata ricevuta dall’Ats è stata dopo due settimane dal mio ricovero, per avvisarli che dovevano stare in quarantena».

Il momento peggiore è stato il risveglio: pensavo di avere dormito pochi giorni invece ne erano passati dieci Mauro Poleni

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy