UNA RETE PREZIOSA DIETRO IL SORRISO DI KARIM
Uno legge i titoli e si figura la storia di Karim secondo i classici archetipi: integrazione fallita, degrado, povertà. Poi conosci i dettagli e la prospettiva cambia. Certo, restano la miseria e i problemi di una famiglia difficile, ma ti rendi conto che intorno a Karim c’era una rete sociale tessuta da comunità, servizi pubblici, istituzioni, scuola che non lo aveva abbandonato. Anzi, il ricordo del bambino è per tutti solare e sorridente, come dovrebbe essere per ogni ragazzino a quell’età. Karim non era solo e non è finito nella trappola per inerzia, disinteresse, egoismo — anche se tutto il paese era testimone delle sue difficoltà. Purtroppo la storia di Karim racconta crudamente che contro il destino nemmeno le migliori intenzioni talvolta bastano. Intanto c’è la beffa atroce che una raccolta di abiti usati proprio della Caritas, da sempre in prima linea nell’aiuto agli indigenti, abbia causato l’incidente. Ma soprattutto, nel gesto di Karim, non c’è tanto la miseria ad averlo spinto a cercare di procurarsi un vecchio vestito, quanto la naturale curiosità di un ragazzino tentato dal fare qualcosa di proibito e di irresponsabile, perché è esattamente quella l’età per farlo. Non è stata la necessità a ucciderlo, quanto la meravigliosa leggerezza dei suoi dieci anni. Il che forse assolve tutti come società, ma rende ciascuno più triste come persona.