Curno, ergastolo anche in appello
In appello confermato il massimo della pena per l’omicidio di Curno
Confermata in appello la condanna all’ergastolo per Ezzedine Arjoun, in carcere per l’omicidio della moglie Marisa Sartori. La sorella della vittima è scoppiata in lacrime: «Grazie a tutti».
Lo schermo era pronto, ma è rimasto spento. Ezzedine Arjoun non ha partecipato all’udienza d’appello, in Corte d’assise a Brescia. Nemmeno collegato da remoto dal carcere, come avrebbe potuto per via del Covid. L’imputato, 37 anni, tunisino, non ha saputo in diretta della sentenza: ergastolo confermato, per l’omicidio della moglie Marisa Sartori, 25 anni, uccisa a coltellate il 2 febbraio 2019, a Curno nel garage della casa dei genitori in via IV novembre. E non ha visto la reazione di Deborha, la sorella di Marisa, che è scoppiata a piangere: «Grazie a tutti», ha detto, complice la tensione. Con la discussione dalle 9.30 a mezzogiorno, la sentenza attesa per le 14 è arrivata alle 16.10.
Marisa, parrucchiera, era stata colpita al torace, fino al cuore, al seno, in pancia, sul braccio destro e sulla gamba sinistra. Deborha, arrivata con lei in automobile, alla milza, al polmone sinistro, al diaframma. «Io sono ancora viva e sono qui», aveva detto all’imputato, a pochi metri da lei, all’udienza preliminare a Bergamo, il 15 novembre.
Ieri era con la mamma Giuseppina Elettuari, l’avvocato Marcella Micheletti e, per l’associazione Aiuto Donna parte civile, l’avvocato Marta Vavassori. Papà Roberto non se l’è sentita. Rispetto a un anno fa, grinta e rabbia sono le stesse: «È stato meglio che lui non ci fosse — ha detto la ragazza in attesa della sentenza —. Solo perché c’è mia mamma. Non che avessi voglia di vederlo, ma era per dimostrargli che non mollo. Se dovessero dargli 30 anni? — sempre prima del verdetto — Non basterebbero. Lui non deve nemmeno avere la possibilità di uscire per lavorare». «Terremo vivo il ricordo di Marisa», annuncia l’avvocato Micheletti che da tempo si occupa di violenza sulle donne. L’ergastolo con il rito abbreviato (sulla base delle carte, con lo sconto di pena) non è frequente. Hanno pesato le aggravanti della premeditazione e dei futili e abietti motivi che l’avvocato Daniela Serughetti ha contestato, oltre che i maltrattamenti e la violenza sessuale. E, nel bilanciamento, ha pesato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Inoltre, il sostituto procuratore generale, che ha invocato la conferma in toto dell’accusa, ha anche chiesto alla corte che venisse contestata formalmente un’altra aggravante, in primo grado entrata di fatto nel procedimento. Cioè il legame marito-moglie, che anche da solo configura un’aggravante da ergastolo.
L’imputato assente