Botteghe ad alta tensione
I dati della ricerca di Ascom Confcommercio
Non è facile trovare un appiglio ottimistico nella selva oscura di dati e numeri che il direttore di Ascom Bergamo, Oscar Fusini, definisce come la Spoon River dell’economia bergamasca. Dietro ogni percentuale ci sono storie di uomini e di imprese inserite in quadro generale che sul territorio vede in forse 49 mila posti di lavoro, con il rischio che da qui a fine anno possano scomparire tra 8 e 15 mila imprese del terziario (quando generalmente, in un anno «normale», non ce la fanno un migliaio) e che finisca in fumo almeno l’11% del valore aggiunto del comparto nel 2020 (pari a circa 20 miliardi di euro): in pratica 2 miliardi e 200 milioni di euro.
«A salvare le migliaia di piccole imprese — ha evidenziato Fusini — sarà la reattività a cui i bergamaschi sapranno far ricorso mettendo in campo valori imprenditoriali forti». C’è da sperarlo, perché ogni slide della ricerca Format Research- Ascom Confcommercio Bergamo, condotta su un campione di 711 realtà, è un colpo al cuore. Il clima di fiducia nell’economia italiana è crollato a Bergamo, passando dal 42,2 del settembre 2019 al 6,7 di marzo 2020 (-35,5%) con una previsione di recupero al 9,7% per giugno 2020. Il clima è fortemente negativo soprattutto per le imprese micro (4,0%) e per le imprese del turismo (1,6%), con la fiducia nell’andamento della propria impresa che è calata in modo ancora più drammatico del -38,2%, passando dal 49,8 all’11,6.
Il turismo paga un dazio altissimo: solo l’1% delle imprese non ravvisa alcun impatto della crisi sulla propria attività. «Forse si salveranno le strutture ricettive di lago e montagna — ammonisce il presidente Ascom Giovanni Zambonelli —, ma per i business hotel di città è buio pesto».
Le imprese di Bergamo, a marzo, hanno subito un vero e proprio tracollo dell’indice dei ricavi, con un - 40,9% (nel dettaglio da quota 52,1%, all’11,2%) mentre si salvano i servizi e il commercio (-25,9%), settore sostenuto dal comparto alimentare in leggero incremento. Serve liquidità. Se è certo il peggioramento del quadro finanziario per 9 imprese su 10, si stima che un’impresa su 3 a Bergamo possa presentare serie difficoltà nel fare fronte ai propri
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impegni. «E non onorare i debiti è l’anticamera del fallimento», rincara Fusini. Le imprese che non ravvisano alcun impatto della crisi sul fabbisogno finanziario sono solo il 2%. Di quelle che sono coinvolte dal problema, il 37% ritiene che questo sia il trimestre più toccato, mentre il 23% reputa che le più grandi ripercussioni si avranno nel terzo trimestre e solo il 14% nel quarto, sperando nel Natale.
Sul fronte occupazionale tre imprenditori su quattro prevedono di dover rinunciare al personale entro giugno: saranno le piccole imprese fino a 5 addetti a registrare l’indice peggiore sul fronte lavoro, insieme alle medie imprese sopra i 49 addetti,mentre i tagli maggiori toccheranno al turismo. A Bergamo l’effetto lockdown ha sospeso il 69% delle imprese manifatturiere e delle costruzioni e il 47% di quelle del terziario, fermando 175 mila lavoratori. Addio investimenti: se prima della crisi, le imprese bergamasche che avevano programmato investimenti nei prossimi due anni erano il 49%, ora la percentuale si è ridotta al 25%, cioè una su quattro. Investe invece molto nella ripresa la stessa Ascom che mette in campo risorse diversificate, non solo finanziarie con i 2 milioni di euro degli Enti bilaterali, ma con una task force di specialisti attraverso due sportelli dedicati: il primo mette a disposizione degli imprenditori i professionisti dell’analisi aziendale, il secondo punta invece a rinfrancare l’autoefficacia imprenditoriale degli operatori, oltre ad alcuni meeting di formazione per le categorie degli albergatori e degli esercenti pubblici, tra le più colpite.
I bergamaschi metteranno in campo valori imprenditoriali forti Oscar Fusini Direttore Ascom